
Lucio Magri
Tocca anche Ferrara la morte di uno dei giornalisti più influenti degli anni ’70 e ’80. Lucio Magri si è lasciato morire in Svizzera tramite “suicidio assistito”, dopo la depressione che lo aveva colpito in seguito alla scomparsa della moglie. Magri era nato a Ferrara il 19 agosto 1932. Ferarra per lui rimarrà un dato anagrafico, dal momento che trascorse la giovinezza a Bergamo.
Qui si appassiona alla politica, che lo porterà a entrare nel Pci negli anni ‘50, dopo una parentesi nella gioventù democristiana. In breve sale i gradini dell’apparato, per arrivare nel direttivo regionale lombardo e quindi a Botteghe Oscure. Rimane nelle fila del partito fino allo strappo del 1969, quando in seguito all’invasione della Cecoslovacchia da parte dei carri armati dell’Armata Rossa, fonda insieme a Rossana Rossanda, Luigi Pintor e Valentino Parlato il “gruppo del Manifesto” e viene radiato insieme ai compagni dal Pci.
Il Manifesto diventa una rivista e nel ’71 si trasforma nel quotidiano comunista attiva fino ad oggi. Successivamente Magri si allontana dal gruppo e fonda nel 1974 il Partito di Unità Proletaria per il comunismo, per poi tornare nel Pci nel 1984. Questo fino alla “bolognina”: nel ’91 aderisce al Partito della Rifondazione Comunista, fondando una corrente interna che nel giugno ’95 si separa dal Prc per costituire il Movimento dei Comunisti Unitari, su una posizione di appoggio del governo Dini.
Successivamente il Movimento appare tra le forze fondatrici dei Democratici di Sinistra, svolta alla quale Magri non aderisce, preferendo tornare a scrivere per Il Manifesto. Del 2009 è il suo “testamento politico”, affidato al libro “Il sarto di Ulm. Una possibile storia del Pci” (il Saggiatore, Milano).
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