Cento
25 Giugno 2017
Tutto il centro culturale islamico centese durante i festeggiamenti dell'Iftar si è stretto alla famiglia della neonata morta tragicamente

La comunità pakistana: “I nostri cuori sono con la piccola Hadiya”

di Redazione | 2 min

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di Serena Vezzani

Cento. Si è stretto intorno alla famiglia di Hadiya Asif – la bambina di origini pakistane che ieri è precipitata dalla finestra del civico 54 di via Matteotti – tutto il centro culturale islamico centese ieri sera, durante i festeggiamenti dell’Iftar, la rottura del digiuno.

Presente anche il papà della piccola Hadiya con l’altro figlio di soli cinque anni: le cause della tragedia sono ancora in corso di accertamento, ma secondo i primi rilievi degli inquirenti la piccola sarebbe precipitata accidentalmente dal secondo piano dell’appartamento mentre giocava col fratellino, e poi trasportata all’ospedale Maggiore di Bologna. Purtroppo, poco dopo l’impatto, Hadiya non ce l’ha fatta. La famiglia Asif-Nafisa abita a Cento da più di otto anni ed è ben inserita nel centro culturale cittadino.

Oltre alle preghiere di rito, come la lettura del primo verso del Corano, alla neonata è stata dedicata una preghiera di vicinanza e di solidarietà: “La tragedia ci ha scosso e toccato molto – sono state le parole di Amin Mohusan, referente del centro, e Tahir Mahmood, referente della culturale pakistana dell’alto ferrarese, – i nostri cuori sono con la piccola Hadiya. Cogliamo l’occasione per chiedere all’amministrazione di riaprire il progetto di costruzione di un cimitero islamico, per dare la possibilità anche a noi di seppellire i nostri morti in questo Paese, in cui nasciamo e a cui apparteniamo”.

Una richiesta che “è il più alto segnale d’integrazione e apertura – secondo il vicesindaco Simone Maccaferri, – perché è proprio nell’amore dei propri defunti che avviene l’unità del ciclo della vita. Ritengo importante continuare a promuovere momenti come questo, momenti che permettono di scambiare reciprocamente cultura, tradizione, conoscenze e culture”.

“Il Dio a cui obbediamo – è stato infine il commento di monsignor Stefano Guizzardi, della parrocchia di San Pietro, – è una cosa straordinaria che permette di operare per la pace come una sola famiglia”.

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