Cronaca
29 Marzo 2017
Prosegue il processo per diffamazione che vede vittima don Margutti accusato falsamente di aver molestato un bambino

“In quell’intervista non era vero niente”

di Daniele Oppo | 3 min

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“Mi ha fatto troppo male quella cosa lì, era tutto diffamatorio, non era vero niente”. Questa la testimonianza di don Andrea Margutti nel processo che lo vede come parte civile in una causa per diffamazione per un’intervista rilasciata dal suo grande accusatore al sito Rete l’abuso.

In quel video – che in realtà conteneva solo una traccia audio, pubblicato anche su YouTube e datato febbraio 2014 – l’uomo di nazionalità serba lo accusava di aver molestato sessualmente suo figlio di appena 3 anni. Lo stesso racconto era alla base di un processo per pedofilia che vide il parroco – difeso dall’avvocato Claudio Maruzzi (sostituito in udienza da Giacomo Forlani) prima condannato in rito abbreviato a Ferrara e poi successivamente pienamente assolto negli altri gradi di giudizio. Ma gli costò, e gli costa ancora, la sospensione a divinis decisa dal vescovo Luigi Negri dopo la condanna.

Margutti apprese dell’esistenza del video dal segretario del vescovo che glielo segnalò: “C’era un’intervista fatta da un giornale in cui venivano dette le cose che c’erano nella denuncia, ma addirittura ampliandole. Diceva che io avevo già avuto problemi di pedofilia a Comacchio e che il vescovo per questo aveva deciso di trasferirmi a Ferrara. Una cosa falsa, peraltro io non sono mai stato parroco a Comacchio e non ho mai avuto alcun tipo di problema”.

Insieme all’uomo serbo – contro cui il don ha ancora alcuni processi pendenti – a giudizio per diffamazione c’è anche il titolare del dominio del sito internet Rete l’abuso, Francesco Zanardi, che ha deciso di sottoporsi all’esame, negando ogni responsabilità. “Non so chi abbia pubblicato l’intervista, so chi l’ha fatta”, ha raccontato al giudice Carlo Negri, riferendo il nome di un giornalista free lance che vanterebbe collaborazioni con Le Iene e Striscia La Notizia. “Le pubblicazioni avvengono attraverso dei collaboratori, io non lo faccio quasi mai”, ha spiegato. “L’intervista telefonica è stata fatta dalla nostra sede di Savona, ma non so chi l’ha pubblicata”.

Zanardi ha raccontato di aver avuto già contatti con la storia raccontata dall’uomo mesi addietro, e di aver provato a verificarla dopo aver letto alcuni articoli di cronaca locale. L’intervista – ha detto – venne fatta dopo aver visto l’atto di rinvio a giudizio nei confronti di don Margutti.

Di fatto, però, almeno per quanto riguarda la responsabilità per la pubblicazione, sembra mancare una chiara pistola fumante: le indagini compiute dalla polizia postale non hanno identificato la persona che materialmente ha pubblicato il video, il sito internet non è un giornale e Zanardi, pur avendo registrato il dominio, non ha particolari responsabilità per la pubblicazione dei contenuti.

Da quanto emerso in udienza, peraltro, sembra difficile anche appurare processualmente – oggi, a tre anni di distanza – una cosa basilare quanto importante per la fondatezza dell’accusa: se quel video fosse visibile direttamente sul sito o se portasse a un collegamento esterno, YouTube ad esempio, dove pure era presente. E questo fatto, almeno per quanto riguarda la responsabilità di Zanardi, potrebbe ulteriormente cambiare le cose, in meglio.

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