Eventi e cultura
24 Marzo 2017
Cinque racconti di esperienze dirette diventano libro grazie all’associazione sindacale Uila

Storie di migranti dal mare alla carta

di Redazione | 3 min

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E’ un tema decisamente scottante quello trattato dal nuovo libro presentato da Uila (Unione Italiana Lavoratori Agroalimentari) che si propone di “mettere da parte le discussioni sindacali” e aprire un dialogo diverso: quello della narrazione. “Partire è breve, arrivare è lungo”, dice il titolo della raccolta dei 5 “racconti dall’altra parte del mare”, scritti in lingua italiana da altrettante autrici, vogliose di condividere col mondo la loro personale esperienza di “viaggio”.

Un tipo di viaggio, quello dei migranti, che “noi siamo abituati a categorizzare – constata il sindaco Tiziano Tagliani – e nella nostra abitudine alle eterne contrapposizioni (fra ideologie, etnie, religioni e nazioni) siamo abituati anche a pensare che le storie personali abbiano poca importanza. Ma è proprio attraverso la relazione fra diverse identità, e la sensibilità di intraprendere percorsi di carattere personale che si può contrastare l’ignoranza, ancora prima del conflitto”.

Empatizzare e soprattutto condividere una storia con qualcuno che l’ha vissuta, risulta essere uno strumento umano potente da cui partire per affrontare una migrazione “che non calerà nei prossimi tempi – come avverte il sindaco di Goro Diego Viviani – e che non si può affrontare con i muri o facendo finta che non esista”.

In una politica che “davanti alla possibilità di salvare delle vite, sta ancora discutendo se prendere i barconi o meno”, come afferma il segretario Pd Luigi Vitellio, esemplificativo è il brano di Leyla Khalil dal titolo “Gli scarti”, che propone uno scorcio sulla vita cooperativa all’interno di una realtà di richiedenti asilo. “Era stata organizzata una festa definita interculturale – racconta l’autrice – in cui però ai richiedenti asilo e agli italiani erano destinate attività parallele: così mentre gli italiani guardavano la proiezione di documentari sui richiedenti asilo, non pensavano al fatto che ce li avevano proprio accanto a loro”.

D’accordo anche la responsabile Uila per le politiche migratorie sul fatto che le migrazioni nel nostro Paese non termineranno a breve, e questo “perché si tratta quasi sempre di immigrazioni forzate”, elemento che influisce indubbiamente sul sentimento di paura che accomuna “di pancia” le persone sull’argomento.

“La paura non va condannata – prosegue la responsabile Maria Laurenza – ma certamente va indagata. Non possiamo non considerare che l’immigrazione da sempre ha segnato la storia del mondo e non possiamo dimenticare che anche gli italiani sono stati migranti, fino a non poi troppo tempo fa. Oggi poi c’è un tipo di migrazione diversa e se vogliamo più inquietante, quella della fuga dei cervelli, che è uno dei dati italiani più tristi assieme al tasso di natalità, il cui livello è integrato dalla presenza dei bambini di migranti”.

Dal 2016 si registrano  5 milioni di stranieri nel nostro Paese, di cui il 78% sono giovani. Da questi arrivano 7 miliardi di Irpef, “il che vuol dire che gli stranieri ci pagano le pensioni”. Da un certo punto di vista quindi la presenza degli immigrati “può rappresentare un’opportunità”, ed è quello che testimonia Rosanna Crispim Da Costa, autrice del brano “la lingua del cielo”. Brasiliana d’origine, più poetessa che scrittrice, Rosanna ha vissuto, al contrario dei protagonisti del racconto, una migrazione che definisce volontaria e positiva: “sono arrivata qui nel ’90 – racconta – e ho sempre avuto un lavoro. Questo mi ha sempre aiutato ad avere dignità, non per quanto guadagnavo ma per il fatto di stare in un Paese che dia il diritto di lavorarci. Noi abbiamo tantissimi problemi in Brasile, ma non ricordo di aver mai assistito ad un conflitto fra provenienze. Lo straniero era sempre visto come una ricchezza”.

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