Spettacoli
13 Marzo 2017
Si conclude con “La boutique del mistero” l’approfondimento dedicato allo scrittore bellunese

A Ferrara Off il mistero nel mondo quotidiano dei racconti di Buzzati

di Redazione | 3 min

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di Federica Pezzoli

Quello di sabato 11 e di domenica 12 marzo è stato – almeno per ora – l’ultimo weekend dedicato dall’Associazione Ferrara Off a Dino Buzzati e alla sua opera. Tappa finale è stata “La boutique del mistero”, pièce ispirata all’antologia dei racconti dell’autore bellunese pubblicata nel 1968, diretta da Giulio Costa e interpretata da Woody Neri, Alice Conti, Maura Pettorruso e Stefano Detassis.

La sua presentazione nel capoluogo estense non è casuale: la produzione, infatti, è nata dalle precedenti collaborazioni fra gli interpreti e con il regista Giulia Costa, ma anche grazie alla collaborazione avviata da TrentoSpettacoli, compagnia under35 riconosciuta dal Ministero dei beni e delle attività culturali, con Ferrara Off che nell’agosto 2016 ha ospitato presso il proprio spazio performativo le prove degli attori e per l’allestimento.

“Cosa significa mistero?” Non può che essere questa all’apparenza innocente domanda a dare inizio alla rappresentazione. Un mistero che diventa perturbante e affascinante perché si rivela a partire da situazioni, oggetti e relazioni quotidiane, dischiudendo così la pluralità di significati e le diverse possibilità offerti dal reale. Ecco allora che due tavoloni di legno possono diventare la prua di un’imbarcazione, con un ventilatore a farle da motore, mentre se sul tavolo si impilano delle panche ecco comparire una montagna da scalare o da discendere.

“Non è un lavoro sul testo”, ha spiegato il regista Giulio Costa nel consueto incontro con il pubblico insieme agli attori, “anzi il tentativo è trasformare la parola scritta in azione scenica”. Tutti e cinque hanno lavorato su caratteri, situazioni, sensazioni, sistemi di relazioni e vettori di tensioni, e il risultato è un flusso, a volte unico, a volte disperso in mille rivoli, nel quale si deve stare sempre all’erta, ma dentro al quale non ci si perde mai completamente: i racconti prendono vita grazie alla voce e al corpo degli attori, in forma di mono­logo, dialogo, azione mimata, raccontata, reinventata, reinterpretata, a volte in modo allegorico, altre volte in modo estremamente concreto.

“Partendo da un’intervista a Buzzati, abbiamo cercato di raccontare una vita di scrittore attraverso i suoi racconti”, ha detto Maura Pettorusso. Ed ecco l’altro mistero: la creatività e il mondo immaginifico di uno scrittore, la sua mente affollata di storie e di persone. Le parole scritte o forse ancora da scrivere si materializzano davanti agli spettatori e i personaggi si rivolgono impazienti all’autore perchè lui li faccia agire, mentre quest’ultimo è in piena crisi di creatività e non riesce a trovare l’ispirazione giusta. Minimo comune denominatore e filo rosso attraverso questa sorta di collage di frammenti è il tempo, scandito secondo per secondo, quel ‘macinauomini’, come lo chiamava Buzzati, che segna il processo di crescita, formazione e declino di ogni essere umano.

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