Attualità
7 Marzo 2017
“Mi sono nascosta per 30 anni”: le verità ‘a galla’ di molte coppie over 60

Gli anziani che fecero outing

di Redazione | 4 min

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25Aprile. “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”

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di Cecilia Gallotta

Spaccati di vita e di storie d’amore (im)possibili fanno da succoso condimento all’ incontro ‘sul reale’ dell’ultima giornata di Tag Festival, che porta sul palco i racconti di coppie e persone che sono state giovani fra gli anni 60 e 70. I protagonisti over 60 non sono solo presenti sul palco ma anche nelle pagine delle antologie “Over60 men” e “Over60 women”, curate dallo scrittore Gianluca Polastri e in vendita all’uscita della Sala Estense.

L’idea, nata per finanziare un progetto per lo sportello di assistenza legale e sanitaria alle persone di terza età, è poi proseguita anche “per sensibilizzare i giovani non di terza età”, che possono riconoscere nelle storie di queste persone sentimenti comuni, e creare così un filo tra passato e presente, fra i quali spesso non c’è empatia. Storie che sicuramente dicono parecchio anche di quelle raccontate per esempio da Bruno de Feo e Orlando dello Russo, rispettivamente abruzzese e campano, che si sono messi insieme nel ’62 e non si sono più lasciati.

“Ci siamo conosciuti che avevo a malapena 18 anni – racconta Orlando – e negli anni Sessanta chi si presentava con il ciuffo e la sigaretta in bocca si diceva che era ‘nu sfottitore’. Bruno era uno di quelli”. Tanta ironia, tanti sorrisi e ricordi ma anche tanta sofferenza, perché “in quegli anni si doveva lottare contro tutti e tutto. Abbiamo ricevuto parecchi ‘calci’, dalla famiglia, dagli amici. Dovevamo lavorare nascosti. Ma ci siamo rimboccati le maniche ed è il messaggio che voglio dare ai giovani: sopportate e andate avanti. Oggi le condizioni sono migliori di quando eravamo giovani noi ed è per questo che lo dico. L’amore è qualcosa per cui vale la pena lottare, è un lavoro a tempo pieno e che gratifica appieno”.

Un riconoscimento che non per tutti è stato subito chiaro, come nel caso di Maria Laura Annibali, regista e video maker romana, autrice del ciclo di documentari dal titolo “L’altra metà del cielo”, in cui racconta la sua sofferenza interiore. “Io sono stata una velata – racconta Maria Laura – fino al 2000  mi sono nascosta, per trent’anni ho vissuto nella menzogna e nella sofferenza. Negli anni Settanta avrò avuto una decina di fidanzati, che mollavo puntualmente appena la storia si faceva seria. Capii il perché solo quando durante un film di Filippo Soldi incontrai una mia vecchia compagna di scuola, con cui ho avuto una relazione ‘nascosta’. Io avevo un lavoro importante, molti dei miei superiori erano magistrati, e io avevo paura di mostrarmi anche perché, quando credevo di essere etero, ero omofoba convinta. Non è stato facile”.

E non lo è stato neanche per la sua attuale moglie, Lidia Merlo, che dopo il collegio si è sposata e ha avuto una figlia, ora di 45 anni. “Il mio matrimonio era già in crisi quando ho conosciuto Maria Laura – rivela Lidia – e io ho sofferto perché ho vissuto una relazione eterosessuale forzata. Il ‘cinema’, oltre a quello che faceva Maria Laura, era quello che mi sono fatta io nella testa per tutti questi anni”. Ma c’è anche qualcuno che il coming-out non l’ha mai fatto, come il fondatore del circolo Mario Mieli di Roma Vanni Piccolo. Classe 1940, calabrese d’origine, Vanni non ha mai “confessato” a nessuno di essere gay, “perché di solito si confessa una colpa”.

“Nei nostri anni Settanta c’era l’idea che agli omosessuali fosse concesso soltanto il sesso – dichiara Vanni senza peli sulla lingua – quindi noi eravamo più ‘zoccoli’ se posso dirlo. Ed è anche per questo motivo che io ho conosciuto più il sesso che l’amore, cosa che oltretutto si faceva di nascosto. Ho girato l’Italia, e di ogni posto conoscevo i ‘carnai dietro ai cespugli’. L’amore l’ho per fortuna conosciuto più avanti, ma devo ammettere che gli stereotipi hanno influenzato molto la mia percezione della capacità di amare (che a un certo punto pensavo di non avere). E’ per questo che rimango folgorato davanti a storie come quella di Bruno e Orlando”.

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