Attualità
19 Gennaio 2017
Cgil, Cisl e Uil contro i sindacati dei medici: "Nessuna preoccupazione, servono per evitare code al pronto soccorso"

Case della salute coprono solo metà della popolazione

di Redazione | 3 min

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Prevenire è meglio che curare. Il vecchio proverbio trova ufficializzazione nelle case della salute che, insieme ai nuclei di cure primarie, agli ospedali di comunità e ai medici in rete “possono essere un punto fondamentale del prevenire e del curare senza ospedalizzare quando non è necessario”.

E’ la presa di posizione in materia sanità di Cgil, Cisl e Uil che, già dalla nascita delle case della salute nel 2010, hanno condiviso lo sviluppo di queste importanti strutture territoriali perché, dove sono state realizzate, “hanno sviluppato un modello di assistenza territoriale che prova a dare risposte integrate ai problemi di salute delle persone, garanzia di accesso a tutti, presa in carico ed integrazione con i professionisti e tra i professionisti”.

I sindacati credono che per dare risposte vere ai cittadini “ci sia bisogno di più case della salute e di ospedali di comunità”. Quelle realizzate fino ad ora coprono circa il 45% della popolazione di riferimento e, come dimostrato dai pronto soccorso in tilt, non sono sufficienti.

“Dobbiamo procedere celermente per la piena realizzazione di quelle programmate e per far sì che tutti i cittadini della nostra regione possano avere punti intermedi territoriali a cui accedere invece di andare verso le strutture ospedaliere e i pronto soccorso quando non è necessario – spronano le organizzazioni sindacali -: forse se avessimo avuta la piena realizzazione delle strutture territoriali avremmo probabilmente visto meno code ai pronto soccorso con i conseguenti disagi per i cittadini e per gli stessi operatori sanitari”.

Il tema caldo si fa sempre più infuocato mano a mano che si allungano le code. E allora bisogna partire dalla radice del problema: il cambiamento della struttura sanitaria.

“Un diverso modello di sanità territoriale nella quale i professionisti lavorano insieme in equipe, ognuno con le proprie competenze e responsabilità, è un modello positivo – sostengono i sindacati -. Modello che deve vedere il paziente, i suoi bisogni, la sua famiglia, il territorio al centro. Crediamo non ci sia più bisogno di un dibattito nel quale prevalgono le ‘gerarchie professionali’, ma è necessario sviluppare modelli nei quali la prevenzione e la promozione di salute e assistenza basata sul paradigma della medicina d’iniziativa siano l’innovazione del nostro sistema sanitario”.

Cgil, Cisl e Uil si schierano quindi contro la posizione di certi sindacati dei medici “che esprimono l’unica preoccupazione di perdere ‘un ruolo di comando’ a favore degli infermieri: è una polemica fuorviante ed infondata”. “Le case della salute si caratterizzano per la realizzazione di equipe multiprofessionali – ribadiscono i sindacati di categoria -; una organizzazione nella quale i medici, a partire dalle diverse specialità, si confrontano e collaborano per costruire l’intervento più appropriato a favore dei pazienti in ambito sanitario e i medici e le professioni del sociale collaborano per trovare la soluzione migliore”.

Nessuna rivalità in nome del benessere dei degenti. Per questo “il rapporto col paziente non è più esclusivo, ma è il frutto di un confronto fra professionisti che costruiscono un intervento integrato: di questo hanno bisogno gli anziani non autosufficienti e pluripatologici, gli psichiatrici e le varie situazioni di fragilità sociosanitaria. Altrimenti è la famiglia che deve rincorrere i vari servizi e i vari specialisti”.

Al centro del dibattito ci sono le ultime indicazioni in materia offerte dalla delibera regionale, la quale però “non assegna alcun ruolo di direzione particolarmente innovativo: ribadisce la responsabilità gestionale delle case della salute in capo al Dipartimento di Cure primarie, indica ruoli organizzativi e clinici rispettosi delle professioni, insiste piuttosto sulla necessità di creare dei processi di collaborazione fra le varie tipologie professionali – concludono le organizzazioni sindacali -. Tutte questioni già ampiamente definite da diverse delibere precedenti che l’ultima delibera regionale mette a sistema per fornire linee guida omogenee su base regionale”.

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