Politica
20 Agosto 2016
Raccolto l'appello del sindaco Tagliani alle forze in grado di formare e orientare l’opinione pubblica contro la campagna di disobbedienza della Lega Nord

Migranti, coro di interventi contro chi “strumentalizza la paura”

di Redazione | 8 min

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fiorentini vitellio zamoraniSembra essere già stato raccolto l’appello del sindaco Tagliani a chi ha un “ruolo più o meno determinante nell’orientare e formare quella che un tempo si chiamava la “pubblica opinione”” contro la campagna di disobbedienza all’accoglienza di richiedenti asilo lanciata dalla Lega Nord a partire dal sindaco di Bondeno Fabio Bergamini e contro chi “strumentalizza la paura”. Un appello rivolto a “politici, uomini delle Istituzioni, intellettuali, scrittori, giornalisti, insegnanti, ecc.” che ha ottenuto le prime risposte.

Ecco arrivare infatti i primi interventi di Leonardo Fiorentini (consigliere comunale Indipendente, Sinistra Italiana), Luigi Vitellio (segretario provinciale Pd) e Mario Zamorani (Pluralismo e Dissenso).

Quello di Fiorentini è un attacco duro ai leghisti, accusati di fomentare l’odio e la paura. “Al grido di “prima i nostri” – dice il consigliere comunale – cercate di nascondere la vostra inadeguatezza amministrativa mettendo in competizione terremotati e migranti e fomentando l’odio e la paura. Non vi è nessuna invasione (basta leggersi i dati degli arrivi in Italia), non è vero che vengono privilegiati gli stranieri rispetto agli italiani, non c’è alcun fondo distolto alle necessità dei nostri cittadini e, dulcis in fundo, non c’è alcuna emergenza criminalità (dati in continuo calo da anni) se non in alcune zone e per alcuni tipi di reati che non sono legati in alcun modo agli sbarchi e che necessitano di un maggior impegno delle ffoo ancora disperse (bontà vostra) a inseguire rave party nel delta o scovare piantine di marijuana sui balconi di casa”.

“Mi chiamerete “buonista”, anzi adesso “finto buonista” (notare l’evoluzione lessicale) e non me ne dispiace – continua – perchè a chi esalta la cattiveria, a chi non si pone neanche il dubbio sul fatto che una persona che decide scientemente di rischiare la vita per cercarsi un futuro migliore (sia per sfuggire a guerre e carestie, o semplicemente alla povertà) sia meritevole di essere accolto in casa nostra con un poco di – semplice – umanità (peraltro a tempo), è davvero difficile proporre un ragionamento. Mancano proprio le basi condivise della convivenza civile. Mi reputo fortunato ad essere nato da questa parte del mondo, e non sarò vostro complice nell’impedire a persone che hanno subito ogni giorno della loro vita guerra, carestia o povertà di cercarsi un’esistenza al riparo dalle distorsioni di un sistema che non funziona e delle quali noi finora abbiamo solo beneficiato. Ebbene sì: io sono per la libera circolazione delle idee, delle merci e – addirittura, vi scorra pure un brivido dietro la schiena – delle persone. E non sarò vostro complice perché non voglio più vedere bambini diventare tragico simbolo dell’atrocità di questo mondo. Mi avete stufato con le vostre grida bavose, le vostre provocazioni, le vostre ruspe, i vostri calci in culo e le vostre leggi inadeguate e fallimentari che non hanno alcun senso rapportate alle tragedie di questo mondo. L’ho detto e lo ribadisco: accogliamoli tutti, perché è questa l’unica strada per restare umani e per cambiarlo in meglio, questo mondo. A voi che non sapete amministrare l’ordinario e siete stati incapaci di gestire qualsiasi emergenza, compresa quella del terremoto, a voi che avete scritto la Bossi-Fini e la rivendicate ancora, non possiamo chiedere di fare molto altro se non smetterla di urlare la vostra inciviltà e lasciare quei ruoli che evidentemente non siete in grado di ricoprire”.

Più morbido invece l’intervento di Vitellio, che titola “Tra populismo e buonismo proviamo ad usare la testa”. Secondo Vitellio “il più grande pericolo che viviamo è di essere schiacciati da due posizioni completamente diverse ma comunque pericolose per la superficialità con cui si affronta il tema: la prima dell’avanti c’è posto (buonismo) e la seconda del non possiamo affrontare quest’orda migratoria che bussa alle porte e mina la nostra quotidianità”. “Siamo di fronte ad un grande tragedia umanitaria quotidiana della quale non possiamo renderci conto solo quando su Facebook viene pubblicata la foto di un povero bimbo che voleva avere solo la possibilità di un futuro ma ha incontrato la morte. Dobbiamo affrontare questa situazione col massimo del realismo possibile. Quando i nostri figli leggeranno sui libri di storia questo periodo, dove vogliamo che sia scritto il nostro nome? Dobbiamo avere il coraggio e la responsabilità di affrontare il tema con la testa, di fare politica provando a dire le cose come stanno senza cercare facili applausi”.

“L’accoglienza è un dovere istituzionale di tutti i Comuni italiani – continua il segretario provinciale Pd – ad oggi non è così. Abbiamo tollerato troppi sindaci, che non solo non rispondono a questo dovere, ma fanno passare il loro rifiuto per una scelta politica. La nostra tolleranza ha generato finti idoli popolari, che non sono altro che bulletti avvezzi a fare la voce grossa, alle spalle di Comuni che assolvono alle mancanze di chi con facilità e faciloneria oppone un rifiuto. Ma adesso basta, ognuno deve fare la propria parte. Abbiamo chiesto giustamente e sempre chiederemo il rispetto delle regole da chi viene da altri Paesi, ma le regole valgono per tutti. La seconda fase, quella del post accoglienza, è quella più delicata. Abbiamo sempre gestito questa situazione considerando queste persone in transito, in realtà per via delle lungaggini burocratiche o della chiusura dei confini da parte di alcuni paesi europei, lo scenario impone delle scelte di gestione del problema quanto più responsabili e di lunga durata. Per il bene di tutti è necessario che queste persone escano nel più breve tempo possibile dallo status di ospiti. È necessario che contribuiscano al miglioramento della comunità che li ha accolti. Lo può fare solo il Comune? Io credo che questo sia il più grande errore. Ogni associazione, ogni ente di volontariato, ogni associazione laica e cattolica si deve sentire. Il silenzio è’ assordante, ma alle parole devono seguire fatti. Facciamo tutti parti della stessa comunità ? Allora lavoriamo insieme. Vogliamo continuare ad essere albergatori oppure riusciamo a guidare queste persone in un percorso virtuoso di miglioramento della propria esperienza nel nostro Paese? In un percorso di restituzione alle comunità che si fanno carico di accogliere uomini e donne spinti ad abbandonare la loro terra natia. Credo che questa sia la sfida. Una sfida che non si vince trovando ogni giorno un nemico, arrivando addirittura a minacciare le istituzioni, garanzia di democrazia di tutti noi. Che immagine vogliamo dare  : una Ferrara che ha paura è che si lascia guidare dall’odio o quella ferrara coraggiosa che ha saputo rialzarsi dopo quelle tremende scosse che ci avevano resi tutti più insicuri e indifesi? Raccontiamo la verità sul terremoto, non deve essere una scusa per evitare responsabilità, ma la dimostrazione che quando la nostra comunità non si arrende alla paura, può vincere ogni sfida”.

Nel suo intervento Mario Zamorani calca la mano sulla proverbiale generosità del popolo italiano e sul dovere etico e umano di solidarietà fra individui della stessa specie “Homo Sapiens”. “Non ho mai compreso – dice Zamorani – come mai due persone nate una al di qua e una al di là, fosse anche di un metro, rispetto ad una ipotetica riga tracciata per terra, o confine, vadano poi in gran parte incontro a differenti vite. Per lingua parlata, per storia (quindi identità) recente e remota, per cultura, per squadra di calcio per cui tifare, per bandiera e talvolta anche per probabilità di scegliere un credo religioso piuttosto che un altro. E tutto questo per essere nati un metro al di qua o al di là di una linea”.

“Oggi – continua Zamorani – non si parla che di profughi, migranti e immigrati, sia pure in forme varie. Ma essere nati (per sorte o per volere divino: ognuno scelga come crede) un metro o mille metri o mille chilometri al di qua o al di là di un confine, perché dovrebbe comportare stupefacenti differenze nella speranza di vita e di qualità di vita? O nella considerazione che è giusto avere verso chiunque nasca qui o là? Tutte le leggi del mondo non dovrebbero essere altrettanto impegnative, io credo, rispetto all’istinto e alla scelta etica e razionale di umana solidarietà nel comportamento fra individui della stessa specie Homo sapiens”. “Per quanto riguarda profughi, migranti e immigrati recenti in Italia – aggiunge – si parla soprattutto di sbarchi di persone provenienti da paesi africani: Nigeria, Eritrea, Gambia, Guinea, Sudan, Costa d’Avorio, Somalia, Senegal, Mali. In gran parte si tratta di luoghi con guerre civili, spietate dittature o regimi autoritari, o con sacche di regolamenti di conti tribali o infestati da gruppi di assassini come Boko Haram; oppure di luoghi dove la vita è comunque a rischio, la speranza assente e la qualità di vita disastrosa. Vengono in Europa, un luogo bellissimo, in cerca di una rinascita. Se abitassi in uno di quei luoghi sentirei come mio dovere civile e morale cercare di mettere in salvo la famiglia e di dare speranza ai miei cari e a me stesso, anche affrontando un viaggio con sofferenze certe e nel corso del quale si rischia di morire. Tutti dovremmo avere diritto ad una vita almeno decente e alla possibilità di migliorarla. E’ di queste ore la storia del piccolo Ahmed, 13 anni, arrivato da solo a Lampedusa dall’Egitto su un barcone per cercare un medico che possa curare il fratellino più grande, gravemente malato; “aiutatemi a farlo operare e a farmi lavorare per pagare le spese” ha detto appena sbarcato”.

“La nostra civiltà italiana e occidentale, frutto di storia e cultura classica, cristiana, illuminista, aperta e tollerante, sia laica che religiosa – conclude Zamorani – ha il dovere di sentimenti e comportamenti di generosità verso costoro, si tratta di un obbligo anche verso noi stessi, da considerare anche in relazione alla fortuna di vivere (di essere nati, per caso) in luoghi dove con frequenza si soffre o persino ci si dispera per la mancanza del superfluo. Gli italiani nella loro storia si sono sempre caratterizzati come un popolo generoso ed è bene, per loro stessi, che continuino ad esserlo, emarginando i riflessi xenofobi e razzisti, pure esistenti, di persone impotenti e quindi prepotenti, tristi e incapaci di empatia, assenti di umanità, riflessi dettati da paura, debolezza e deficit di identità”.

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