Attualità
19 Luglio 2016
La denuncia dei sindacati: "Non si vogliono pagare le ore effettivamente lavorate ma una cifra minore"

Assistenza domiciliare: “Inaccettabili le proposte di Coop Serena”

di Redazione | 3 min

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sedia a rotelle - carrozzina - disabiliPer la prima volta dall’introduzione del sistema di accreditamento dei servizi socio-sanitari un gestore, la Cooperativa Serena, ha comunicato formalmente la volontà di recedere dal contratto a causa dell’insostenibilità del servizio, proponendo di forfetizzare la retribuzione del personale che effettua assistenza domiciliare nel territorio, cioé una trentina di operatrici.

Una proposta che trova l’opposizione netta dei sindacati di categoria della funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil, che denunciano la situazione di difficoltà che stanno attraversando le lavoratrici, senza tralasciare le criticità e le difficoltà economiche che devono affrontare i gestori di tali servizi. Difficoltà che sono legate al sistema tariffario previsto a livello regionale, che sarebbe “in gran parte determinata dal riconoscimento forfettario da parte degli Enti pubblici dei tempi di percorrenza da domicilio a domicilio, calcolata in termini percentuali rispetto ai tempi delle prestazioni, che possono risultare sottostimati rispetto ai reali tempi di spostamento”.

La scelta di recedere dal contratto da parte della Cooperativa Serena “avviene dopo un lungo confronto sindacale che ha visto la piena disponibilità delle lavoratrici, e quindi del sindacato, a condividere tutte le proposte di riorganizzazione del servizio, anche quelle che determinano conseguenze importanti in termini di carichi”.  Fp-Cgil, Fisascat-Cisl e Fp Uil ribadiscono tuttavia che non può essere accettata la proposta della cooperativa di forfetizzare la retribuzione del personale, “a cui si vorrebbe riconoscere non il tempo di percorrenza effettivamente impiegato fra un utente e l’altro, ma quello teorico risultante dal sistema tariffario”.

In parole povere si propone di non pagare le ore effettivamente lavorate ma una cifra minore, “ponendosi al di fuori di quanto previsto dalla normativa e dal contratto nazionale di lavoro”. “Viene meno – spiegano i sindacati – la regola per cui il lavoratore viene retribuito in base alle ore lavorate contrattualmente previste, in virtù dell’idea arbitraria che gli si possa riconoscere esclusivamente quanto effettivamente rimborsato dal committente, facendo ricadere sul personale le perdite che derivano dai contenuti del contratto di servizio fra ente pubblico e cooperativa gestrice del servizio, che nulla hanno a che fare con il rapporto di lavoro e la retribuzione del tempo di lavoro”.

In tutta la vicenda, a lasciare attoniti i sindacati “nel confronto con il Comune che immediatamente abbiamo chiesto per comprendere quali potessero essere le scelte e le soluzioni al problema” è il fatto che “l’assessore abbia definito “un irrigidimento” il fatto di non aver accettato quella soluzione, come se fosse normale e accettabile risolvere un problema di sostenibilità di un servizio sociale non applicando il contratto di lavoro e riducendo la retribuzione del personale”. “Come se fosse normale e accettabile – rincarano la dose le organizzazioni sindacali – chiedere ad una trentina di operatrici che quotidianamente esercita la propria professionalità percependo mille euro al mese di pagare di tasca propria gli 80.000 euro che ci si prefigge di recuperare”.

Sotto accusa, dunque, è anche il Comune di Ferrara: “Noi pensiamo – concludono i tre sindacati di categoria – che non sia questa la strada per uscire dalle difficoltà in cui versa il sociale, stretto fra bisogni crescenti e tagli di risorse, e ci aspettiamo un livello di adeguatezza nell’esercizio del proprio ruolo da parte di tutti i soggetti, a partire dal Comune di Ferrara che ha la responsabilità del servizio di assistenza domiciliare. Perché il problema di sostenibilità del servizio o c’è o non c’è, e se c’è (questo ci sembra di avere capito dall’incontro) vanno trovate soluzioni nel sistema tariffario e vanno fatte scelte sulle risorse, non si cercano scorciatoie riversando impropriamente il problema sull’anello debole della catena”.

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