Spettacoli
16 Luglio 2016
Per la terza tappa cittadina della Biblioteca Itinerante di Letteratura, Ferrara Off ha portato lo scrittore argentino alla Palazzina Marfisa

I racconti di Borges prendono vita alla Marfisa

di Redazione | 3 min

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aleph2di Federica Pezzoli

“Vidi l’Aleph, da tutti i punti, vidi nell’Aleph la terra e nella terra di nuovo l’Aleph e nell’Aleph la terra, vidi il mio volto e le mie viscere, vidi il tuo volto, e provai vertigini e piansi, poiché i miei occhi avevano visto l’oggetto segreto e supposto, il cui nome usurpano gli uomini, ma che nessun uomo ha contemplato: l’inconcepibile universo” (Jorge Luis Borges, L’aleph)

Un mondo immaginario e al tempo stesso reale, l’uno che si rispecchia nell’altro, in un labirinto in cui si possono incontrare Dio e l’uomo, l’idea e i nomi di Dio e dell’uomo, la solitudine, la morte, il passato, l’inesorabile scorrere del tempo e l’eterno presente. Narrazione, invenzione, erudizione, non sense e ironia: a dar voce a quattro dei diciassette racconti de “L’Aleph” di Jorge Luis Borges, nel loggiato della Palazzina Marfisa d’Este, sono stati Maura Pettorruso e Stefano Detassis la sera di giovedì 14 luglio nella terza tappa cittadina della Biblioteca Itinerante di Letteratura, l’omaggio a Giorgio Bassani ideato e organizzato da Ferrara Off nel centenario della sua nascita.

Un omaggio non solo a Bassani scrittore, ma alla figura di intellettuale: il collaboratore della casa editrice Feltrinelli, che ha fatto conoscere in Italia autori già ‘classici moderni’ – come Marguerite Yourcenar e appunto Jorge Luis Borges – e difensore del patrimonio culturale e paesaggistico con Italia Nostra, da qui la scelta di invadere letterariamente la città e i suoi luoghi di cultura. Per sostenere la rassegna di appuntamenti l’associazione ha anche dato il via a una campagna di crowdfunding sulla piattaforma IdeaGinger che, da quando è iniziata a metà giugno, ha già raggiunto quasi il 50% dell’obiettivo.

aleph1Dio e l’uomo, il libero arbitrio, la percezione della realtà e il sogno. Questi sono i temi de “Lo Zahir”, il primo dei quattro racconti selezionati dalla musicologa Chiara Tarabotti, , insegnante all’Università di Milano-Bicocca. Una piccola insignificante moneta, ma come tale, a pensarci bene, “imparentata” con l’obolo di Caronte e i trenta denari per i quali Giuda ha tradito Gesù, ma in arabo Zahir è anche uno dei novantanove nomi di Dio e di tutte quelle cose che sono “indimenticabili”. “Quando tutti gli uomini della terra penseranno, giorno e notte, allo Zahir, quale sarà il sogno e quale la realtà, la terra o lo Zahir? (…) Forse finirò per logorare lo Zahir a forza di pensarlo e ripensarlo; forse dietro la moneta è Dio”.

Poi “La casa di Asterione”, la raffigurazione della solitudine, dell’incomunicabilità: “Come sarà il mio redentore? Sarà un toro o un uomo? Sarà forse un toro con volto d’uomo? O sarà come me? Il sole della mattina brillò sulla spada di bronzo. Non restava più traccia di sangue. “Lo crederesti, Arianna?” disse Teseo. “Il Minotauro non s’è quasi difeso”.

“L’altra morte” è “la tragica storia di don Pedro Damian”, che muore nello stesso attimo in due anni diversi, dando origine a due diverse storie universali.

Infine “L’Aleph”, che dà il nome alla raccolta: l’io narrante-Borges scopre nella casa di un improbabile poeta l’Aleph, “il luogo dove si trovano senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli”, una piccola sfera di un folgore quasi intollerabile, da cui è possibile vedere simultaneamente l’infinito. Dopo la sua visione tutto è ritorno, persino l’oblio.

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