Politica
20 Giugno 2016
Il deputato risponde all'appello di Tagliani sulla 'disparità di trattamento' con la Carisp Cesena

Carife. Interrogazione di Paglia (Si) sul mancato intervento del Fondo interbancario

di Redazione | 3 min

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L’aveva annunciata, ora è stata depositata ufficialmente l’interrogazione del deputato di Si Giovanni Paglia, che risponde a un invito del sindaco Tiziano Tagliani, sul mancato intervento del Fondo interbancario per salvare Carife (e le altre tre banche commissariate) nel corso del 2015. L’interrogazione nasce dall’annunciato piano di salvataggio della Cassa di Risparmio di Cesena proprio grazie al Fitd, ma tramite il fondo separato secondo lo “schema volontario”.

Paglia ricorda brevemente il processo normativo che ha portato alla risoluzione di Carife, Banca Marche, Etruria e CariChieti, motivato “con l’adozione della direttiva Brrd che tuttavia avrebbe avuto effetto solo dal 1o gennaio 2016, e soprattutto con l’opposizione della Commissione europea, che avrebbe considerato aiuto di Stato l’intervento del fondo interbancario di tutela dei depositi per la ricostituzione del capitale sociale degli istituti in difficoltà”. “Venne allora citata una corrispondenza fra Governo e Commissione – ricorda il deputato – e richiamata in particolare la comunicazione 2013/C 216/01, con la quale la Unione europea dichiarava inammissibile qualunque intervento pubblico che non prevedesse preliminarmente l’azzeramento del valore di azioni e obbligazioni subordinate; si sostenne che l’intervento del fondo interbancario di tutela dei depositi appartenesse appunto alla categoria degli interventi vietati, nonostante una comunicazione non abbia valore normativo e nonostante questo raccolga capitale da privati, anche se per obbligo di legge”.

Qualcosa agli occhi di Paglia sembra essere cambiato, suggerendo una situazione di disparità di trattamento tra i quattro istituti di credito finiti in risoluzione lo scorso novembre e la Carisp di Cesena:  “In queste ore, dopo un lungo commissariamento, è stata individuata una soluzione per Cassa di Risparmio di Cesena, che prevede l’intervento del fondo interbancario di tutela dei depositi per una ricapitalizzazione tramite aumento di capitale di euro 280 milioni di euro; in questo contesto si produrrà un sostanziale azzeramento del valore delle azioni storiche, che passeranno da 19 euro del 2014 a 10-80 centesimi, e la proprietà passerà al fondo che ne gestirà la cessione ad altro operatore del settore;  all’assemblea dei soci del 28 giugno 2016 sarà tuttavia proposta l’assegnazione di warrant gratuiti nel numero di 4 o 5 per ogni azione agli attuali azionisti al valore di 50 centesimi, da convertire poi eventualmente in azioni nei prossimi 5 anni”.

Una soluzione che, secondo Paglia, è quella “proposta da molti anche per gli azionisti delle 4 banche sottoposte a risoluzione e che il Governo ha sempre rifiutato di adottare”. Per il deputato: “È comunque evidente come si renda possibile nel giugno 2016, dopo la piena entrata in vigore della direttiva «BRRD», ciò che non si volle considerare nel novembre 2015, ovvero l’intervento del fondo interbancario di tutela dei depositi, la tutela piena degli obbligazionisti, la corresponsione di warrant agli azionisti”, e per questo chiede “quale sia la posizione del Governo sulla questione e sulla base di quali presupposti sia stata assunta, atteso che potrebbe determinarsi una palese disparità di trattamento, in assenza di novità normative significative, fra le quattro banche avviate a risoluzione e Cassa di risparmio di Cesena”.

Attendendo la risposta del ministero dell’Economia e delle Finanze, possiamo rilevare – ribadendo quanto già scritto a suo tempo – che il Fondo interbancario al momento della messa in risoluzione della Carife non aveva ancora costituito, regolato e finanziato lo “schema volontario”, intervenuto per salvare per la seconda volta la banca Tercas: in questa vicenda era infatti già intervenuto il Fitd con il suo fondo ‘normale’ – quello finanziato dalle banche per legge e proposto anche per Carife – ed era stato censurato come aiuto di stato dall’Ue. Un dettaglio che Paglia non menziona. Per evitare la procedura d’infrazione – e il rischio per Tercas di dover crollare definitivamente restituendo tutti i soldi – vide la luce un secondo fondo – di cui si discuteva da qualche tempo – secondo lo “schema volontario”, ovvero finanziato autonomamente dalle banche, senza imposizioni legislative. E ci furono anche difficoltà nella raccolta fondi, con i termini ultimi spostati almeno un paio di volte.

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