Bondeno
12 Settembre 2015
Braccio di ferro tra gli imputati accusati di truffa per 300mila euro: sarà una perizia calligrafica a rispondere ai dubbi

Truffa del fotovoltaico, l’impresa rimanda al mittente le accuse

di Redazione | 3 min

fotovoltaico1Bondeno. È stato denunciato per truffa dal Maglificio Zancogni di Bondeno, per aver fornito uno ‘stock’ di pannelli fotovoltaici di qualità inferiore a quanto pattuito, ma una volta entrato nell’aula del tribunale ha rigettato al mittente ogni accusa: dal presunto scambio di etichette sui prodotti alle ragioni per cui non fu mai depositato un progetto, fino ai motivi della scarsa potenza dell’impianto rispetto alle aspettative. A parlare davanti al giudice Marini è stato M.M., il 31enne rappresentante legale della società di Badia Polesine che si occupò dell’approvvigionamento e della posa di ben 700mila euro di pannelli fotovoltaici presso l’azienda bondenese, e poi citato in giudizio dallo stesso Maglificio Zancogni assieme al proprio socio e a un tecnico privato che prese parte all’operazione.

L’accusa dell’azienda, costituitasi parte civile attraverso l’avvocato Pasquale Longobucco, è semplice: nel 2009 la ditta di M.M. avrebbe causato un danno economico per circa 330mila euro spacciando pannelli di marche sconosciute per quelli della Sunpower, leader internazionale del settore. Di conseguenza, le performance di quello che doveva essere un impianto da 110 kilowatt non hanno superato i 98 kW. E, come ulteriore corollario, i calcoli preliminari per accedere ai finanziamenti pubblici sono risultati sballati e il Maglificio è stato costretto a perdere tempo e denaro per adeguare l’impianto e recuperare l’investimento.

Una vicenda confermata anche dallo stesso M.M. che, difeso dall’avvocato Giacomo Forlani, ha negato qualsiasi responsabilità personale. Il ruolo della propria ditta nell’appalto, secondo il 31enne, si limitava all’approvvigionamento e alla posa dei pannelli, mentre tutta la parte burocratica e amministrativa sarebbe stata in capo a un tecnico esterno, M.F., anch’egli imputato nel processo. E riguardo alla bassa rendita dell’impianto (circa il 15% inferiore alle aspettative), M.M. ha sostenuto che a causa di un disguido con l’Enel, che avrebbe fatto recapitare in cantiere un quadro elettrico omologato per impianti più grandi, l’azienda si trovò nella situazione di non poter produrre la documentazione adatta per completare gli iter burocratici. E riguardo all’accusa di aver sostituito le etichette di pannelli di diverse marche all’interno del magazzino della società, l’avvocato Forlani ha depositato la documentazione che dimostrerebbe che quell’edificio era ancora sfitto al momento dei fatti.

Una linea difensiva che si scontrerà con ogni probabilità con quella di M.F., dal momento che per certe dinamiche amministrative e burocratiche la responsabilità di un imputato tende a escludere – o almeno ad ‘alleggerire’ – quella dell’altro. Per chiarire questo aspetto il giudice Marini ha ordinato una perizia calligrafica sul progetto dell’impianto firmato dal tecnico, che dal canto suo punta a dimostrare di non essere l’autore del documento. Il processo riprenderà a dicembre, quando il perito nominato dal tribunale potrà dare il proprio responso e permettere alle parti in causa di proseguire il processo senza elementi di incertezza.

 

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