Cronaca
3 Settembre 2015
La pm Castaldini torna all'attacco e riapre il processo sulle perizie di variante e i materiali di costruzione usati per l'ospedale

Processo Cona, la procura presenta l’appello

di Ruggero Veronese | 4 min
I giudici al momento della sentenza, il 13 aprile scorso

I giudici al momento della sentenza, il 13 aprile scorso

Non è stata con le mani in mano la magistratura di Ferrara nei quattro mesi e mezzo trascorsi dall’assoluzione di tutti gli imputati coinvolti nel processo Cona. Nelle 126 pagine, datate il 30 luglio scorso, in cui la pm Patrizia Castaldini argomenta il ricorso in appello della procura ferrarese sono contenuti tutti i nomi, i capi di accusa e i testi delle intercettazioni telefoniche contenuti nell’inchiesta. La procura insomma, nonostante la ‘batosta’ inflitta dal tribunale di Ferrara il 13 aprile scorso, non arretra di un millimetro: le perizie di variante e i materiali utilizzati durante la costruzione dell’ospedale di Cona, secondo i pm, non erano regolari, e il loro utilizzo ha comportato un’aumento della spesa per milioni di euro, oltre a non garantire i cento anni di durabilità che la legge prevede per un’opera pubblica.

Tornano quindi sul banco degli imputati i 10 protagonisti dell’inchiesta politicamente più ‘scottante’ dai tempi del fallimento Coopcostruttori: Guglielmo Malvezzi, rappresentante legale del Consorzio Cona, l’ex dg del Sant’Anna Riccardo Baldi, il presidente del cda Prog.Este Ruben Saetti, il progettista di Prog.Este Giuliano Mezzadri, l’addetto alla contabilità Roberto Trabalzini, il responsabile del controllo di produzione Nicola Fakes, i componenti della commissione di collaudo Fulvio Rossi e Andrea Benedetti, il direttore dei lavori Carlo Melchiorri e il responsabile unico del procedimento Giorgio Beccati. Unico assente, rispetto al primo procedimento, il terzo componente della commissione di collaudo Antonio Pellegrini.

E le argomentazioni della Castaldini non possono che scontrarsi frontalmente con quelle scritte dai giudici Marini, Testoni e Attinà in seguito all’assoluzione: “È erronea l’affermazione contenuta in sentenza – scrive la pm a proposito delle perizie di variante – seconda la quale non si configurerebbe a carico degli imputati Beccati, Melchiorri, Baldi e Saetti il reato di abuso d’ufficio”, per avere approvato perizie di variante (ufficialmente motivate da “esigenze sopravvenute e non prevedibili”) che andavano a innalzare il costo dell’opera di oltre il 5%. Una soglia calcolabile al centesimo: di fronte a un importo complessivo di 137.235.617,50 euro, la somma di tutte le perizie non avrebbe dovuto superare i 6.861.780,88 euro. Un limite che per la procura fu abbondantemente sforato: 2,604 milioni per la prima variante, 2,417 milioni per la seconda e 2,450 milioni per la quarta, per un totale di 7.472.198,20 euro. Senza contare i capitoli a parte sulla terza e la quinta.

Ma oltre al superamento della soglia di legge, le perizie avevano anche altre problemi: la quarta, ad esempio, secondo la Castaldini non poteva essere adottata in quanto “non prevedeva la realizzazione di lavori rispondenti ad effettive esigenze e da sopravvenienze normative, ma al contrario i lavori erano necessari esclusivamente per supplire alle carenze del progetto esecutivo fin dall’origine incompleto“. Il concetto insomma, per usare le parole della pm durante il primo dibattimento, è che le perizie di variante venissero utilizzate come una sorta di “carrello della spesa” in cui aggiungere a piacere nuovi impianti, strutture e costi in corso d’opera.

Capitolo a parte per la quinta perizia di variante, costata 4,820 milioni di euro (iva esclusa), che includeva ad esempio gli impianti elettrici “che con tutta evidenza dovevano essere presenti già al momento della realizzazione dei locali“, e varie “opere di completamento di opere già realizzate con la Pv1 e la Pv4”. E quindi – citando ancora un estratto del dibattimento – non solo suppliva alle carenze del progetto iniziale, ma in parte rappresentava anche la “variante di una variante“, caso assolutamente escluso dalle leggi sugli appalti.

Concetti sostenuti anche dall’unico condannato per le perizie dell’ospedale, Marino Pinelli (condannato in primo grado in rito abbreviato dopo aver dato avvio, tramite una lettera ‘autoaccusatoria’ all’intera inchiesta): “Secondo quanto affermato da Pinelli – scrive la Castaldini – le opere inserite nelle perizie di variante 1, 4 e 5 erano già state progettate e allegate nel progetto definitivo dell’ospedale di Cona”.

Si passa poi alle presunte false attestazioni del rup (Beccati) sulla Pv3 relativa agli impianti ad alta tecnologia, che da sola comportò una maggiore spesa di 16,2 milioni di euro e che secondo la procura “è stata redatta dalla società di ingegneria del concessionario anzichè dal direttore dei lavori”. Ma il problema più rilevante sollevato dalla procura è che Prog.Este, quella variante, l’avrebbe potuta soltanto progettare, ma non realizzare. Non senza passare per una nuova e distinta gara di appalto aperta. “Le cosiddette Alte Tecnologie non rappresentavano una sopravvenienza, in quanto – scrive la pm – era lo stesso bando di gara che ne prevedeva l’esclusione dall’affidamento originario”.

Dalle perizie di variante si passa poi all’altro grande tema dell’inchiesta: i materiali di costruzione, e in particolare il calcestruzzo, che “doveva avere una resistenza caratteristica di almeno 30 newton al millimetro quadro, con altre caratteristiche di granulometria degli aggregati”, e che presenterebbe le situazioni più critiche nelle platee di fondazione e nei diaframmi del cunicolo sotterraneo.

Soddisfazione per la notizia del ricorso in appella dalla consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Raffaella Sensoli, per la quale “secondo tutti i dati raccolti dalla procura le varianti di progetto realizzate durante la costruzione dell’ospedale di Cona, così come le forniture di materiale che sono seguite, sono irregolari. Hanno speso di più del dovuto e realizzato un’opera difettosa che ha una durata ridotta, sembrerebbe certificata per soli 50 anni contro i 100 previsti per legge”.

Grazie per aver letto questo articolo...
Da 18 anni Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.

 

OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:

Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com