Cronaca
11 Luglio 2015
Sulle intercettazioni: i 3 mln per “ungere le ruote” frutto di una transazione per incentivare l'impresa alla realizzazione dei lavori

I giudici: “Cona non ha problemi di durata o resistenza”

di Marco Zavagli | 3 min
I giudici al momento della sentenza

I giudici al momento della sentenza

Cona, non c’è problema sui materiali e nemmeno sulla durata. E nemmeno i maggiori costi sono imputabili a falsi, abusi o truffe. È quanto sottoscrivono i giudici Luca Marini, Franco Attinà e Alessandra Testoni al termine delle 56 pagine di motivazione, depositate ieri presso la cancelleria dopo il maxi processo che ha portato lo scorso 12 aprile all’assoluzione di tutti gli imputati (fatta eccezione per la condanna per incompatibilità dell’ingegner Andrea Benedetti).

I giudici partono nella loro esamina de uno dei punti più cirtici: quello della durata dell’opera, che secondo il consulente della procura Martinelli era destinata a durare meno dei 100 anni previsti di default.

Un punto che fa cadere le accuse di all’abuso d’ufficio in capo al direttore dei lavori Carlo Melchiorri, al responsabile unico del procedimento Giorgio Beccati, ai componenti della commissione di collaudo Benedetti e Fulvio Rossi, del progettista Giuliano Mezzadri e di Ruben Saetti. “L’istruzione dibattimentale – spiega il tribunale – ha dimostrato l’erroneità dei presupposti asseverati dall’ingegner Marinelli” (il consulente della procura): anche il calcestruzzo RCK25 (utilizzato al posto dell’RCK30) compariva tra le tipologie di cui si prevedeva l’utilizzo, incluso anche l’RCK10. E anche la relativa spesa finali 8pari a quasi 370miila euro) è “del tutto in linea, quasi al centesimo, con la stima iniziale”. Sul punto “non vi è stato nemmeno alcun ingiusto profitto da parte della concessionaria”.

Ma soprattutto, per quanto riguarda la resistenza, il tribunale rileva che proprio la normativa di riferimento individua l’RCK25 per gli ambienti “perennemente bagnati esattamente come nel caso delle fondazioni dell’ospedale di Cona”. E per qunato riguarda le previsioni di durata dell’opera, serve guardare anche altri parametri, individuati dal progettista “attraverso opportuni accorgimenti”. E nel caso di specie Mezzadri ha optato per l’aumento dello spessore del copri ferro (strato di calcestruzzo a copertura dell’armatura interna), come da specifiche indicazioni di decreti ministeriali in materia. In conclusione sia i diaframmi che le platee “soddisfano pienamente i requisiti di durabilità richiesta”, nonostante il diverso calcestruzzo utilizzato.

Non c’è stata nemmeno truffa, da parte di Malvezzi, direttore tecnico del Consorzio Cona, Fakes e Trabalzini ai danni dell’azienda ospedaliera per i maggiori costi del materiale, dal momento che il contratto con il fornitore distingueva tra un prezzo base e un prezzo extra.

Viene quindi il capitolo “varianti”, nel quale il giudice adotta il criterio della soglia del 5% sull’importo dei lavori. Un’asticella sotto la quale rientrano tutte le varianti contestate. Il tribunale ricorda come “è noto che le varinati in corso d’opera integrino una delle modalità più ricorrenti in materia di appalti pubblici per il perseguimento di interessi illeciti”, ma non sarebbe questo il caso, visto che “non è mai emerso nel processo alcun riferimento a collusioni tra pubblici ufficiali e soggetti privati aventi ad oggetto ricompense in denaro o altre utilità”, nonostante la durata e l’ampiezza delle intercettazioni.

In sostanza, tutte quelle varianti che fecero lievitare i costi del nosocomio vengono ricondotte a “realizzazioni del tutto compatibili con la finalità pubblicistica e finanche primaria dell’ottenimento di un’opera completa ed efficiente”. A questo si aggiunge la “fortissima pressione politica, promanante dai più alti vertici regionali, perché il polo ospedaliero fosse terminato al più presto”.

Nemmeno le conversazioni intercettate “provano un preminente interesse di tipo privatistico”. Anche i famosi tre milioni per “ungere le ruote” (la telefonata tra Pinelli e Melchiorri del 4 dicembre del 2009) va ricondotta a un accordo transattivo “non già per la realizzazione dell’interesse in sé della stessa impresa, ma solo per quello sostanziale dell’amministrazione: si incentivava cioé l’impresa alla realizzazione dei lavori delle ‘alte tecnologie’ ché altrimenti non sarebbero giunti a conclusione nei termini sperati”.

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