Cronaca
7 Marzo 2015
I testimoni parlano del 'modus operandi' del broker. Perplessità della difesa per gli assegni incassati negli anni dagli ex clienti

Caso Mazzoni, “Stracciava i titoli vicini alla scadenza”

di Ruggero Veronese | 3 min

raffaele mazzoniProcede con tempi serrati, al ritmo di un’udienza ogni due settimane, il processo contro l’ex broker di Banca Mediolanum Raffaele Mazzoni, accusato di aver truffato più di un centinaio di risparmiatori facendo scomparire i loro investimenti in un ‘buco’ da circa 11,5 milioni di euro. Durante l’ultima sessione il tribunale ha ascoltato il racconto dei quattro componenti di una famiglia del basso ferrarese – amici storici dell’ex mediatore finanziario, con cui erano addirittura legati da un rapporto di parentela – che hanno parlato dei propri investimenti affidati a Mazzoni e di come, dopo le promesse iniziali di lauti guadagni, tutti i loro risparmi siano scomparsi insieme al vecchio conoscente.

“Conosco Mazzoni da quando è nato – sono le parole del capofamiglia -, è il figlio di una mia cugina. Ho cominciato nel ’92 a investire con lui. Mi aveva detto che se gli davo dei soldi li avrebbe investiti in maniera sicura. Per i primi due anni, quando eravamo sotto la banca Fininvest, mi arrivarono degli utili soldi. Poi più niente”. Un ritornello assai frequente nei resoconti degli ex clienti di Mazzoni, molti dei quali sostengono di essersi messi nelle mani di quella che ritenevano una persona fidata consegnandoli contanti e assegni e incassando di tanto in tanto – soprattutto durante gli anni ’90 – i ricavi degli interessi dei titoli finanziari. Ma erano al corrente delle reali operazioni che l’ex broker avviava con i loro risparmi? Un dubbio su cui verterà buona parte dell’udienza, dal momento che proprio la consapevolezza o meno dei clienti di Mazzoni potrebbe avere un certo peso sulle ipotesi di reato contestate all’ex mediatore.

Ecco quindi procura e avvocati chiedere a ogni risparmiatore che compare in aula non solo l’ammontare degli investimenti perduti, ma soprattutto la loro modalità: Mazzoni chiedeva soldi in contanti o tramite assegni? In che modo restituiva e divideva i ricavi? Era lui l’unica interfaccia tra l’istituto Mediolanum e il cliente finale? Alcuni testimoni, in particolare le persone più anziane, reagiscono in maniera quasi disorientata: poco o nulla conoscono delle dinamiche e delle regole della finanza e spesso non ricordano nel dettaglio i propri incontri con Mazzoni. Alcune prassi del broker sembrano però emergere ripetutamente. In particolare quella di stracciare la documentazione degli investimenti prossimi alla scadenza, spiegando ai clienti che sarebbe stato meglio sostituire i titoli in questione con altri più sicuri e redditizi. In questo modo però – almeno ufficialmente – i conoscenti del mediatore non arrivavano mai ad incassare gli agognati interessi dei titoli.

Almeno ufficialmente, dicevamo. Perché tra i vari ‘non ricordo’ dei testimoni ci sono anche quelli relativi agli assegni effettivamente incassati. A sollevare la questione è l’avvocato difensore di Mazzoni, Irene Costantino, che chiede lumi agli ex risparmiatori su alcuni assegni intestati a loro nome e provenienti da altri clienti del broker di Jolanda di Savoia. Segno forse che ci fu una parziale restituzione dei soldi investiti anche dopo gli anni ’90, seppur in circostanze non previste da Banca Mediolanum e ancora tutte da chiarire (tra le ipotesi più note vi è quella che Mazzoni incassasse assegni in bianco e li ‘girasse’ ad altri clienti per nascondere le perdite). E di fronte alle lacune di memoria dei testimoni la Costantino non nasconde la propria perplessità riguardo alle ricostruzioni di procura e parti civili, che giudica assai più precise nei conti ‘in uscita’ rispetto a quelli ‘in entrata’ per quanto riguarda i capitali delle parti danneggiate.

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