Cronaca
24 Febbraio 2015
Gli avvocati difendono l'ospedale: "Invece di parlamentari e giornalisti ci dovrebbe andare qualche tecnico"

La “violenza mediatica” del processo Cona

di Ruggero Veronese | 5 min

00013952-original“Questo è un processo tecnico, molto tecnico, a cui si cerca di dare risalto mediatico. Ma questi imputati hanno cercato in ogni modo di portare a termine l’opera e di dimostrare alla cittadinanza ferrarese che è stato fatto un buon lavoro”. Mentre si alternano le prime arringhe difensive nel processo sull’ospedale di Cona è impossibile non pensare alla fresca notizia sul sopralluogo del Movimento 5 Stelle nel condotto sotterraneo dell’ospedale Sant’Anna, una delle zone più coinvolte nell’inchiesta della procura. Dove gli obiettivi di estense.com hanno documentato le tracce evidenti lasciate dall’umidità sulle pareti di una struttura inaugurata appena tre anni fa.

Ma il processo penale nel frattempo continua il suo normale iter, dopo le richieste di condanna della pm Patrizia Castaldini. A condannare la ‘mediaticità’ del processo è l’avvocato Claudia Pelà, legale del collaudatore capo Andrea Benedetti, preceduta dagli avvocati Paolo Trombetti e Giacomo Gualtieri per conto del presidente del cda di Progeste, Ruben Saetti, e del presidente della Calcestruzzi Spa, Mario Colombini. Uniti nel sostenere che l’ospedale di Cona è stato realizzato a regola d’arte e in completo accordo con le norme di legge. Una tesi sostenuta con argomentazioni assai tecniche mirate a ‘smontare’ lo studio dell’ingegner Marinelli, sulla cui consulenza si è basato buona parte dell’impianto accusatorio della procura. A partire da uno dei punti chiave: l’utilizzo di calcestruzzo di tipo Rck 25 piuttosto che Rck 30 per le pareti del passaggio sotterraneo. In primo luogo perchè anche lo stesso Marinelli si dovette affidare a un centro studi esterno per l’analisi dei carotaggi, ma anche perchè, secondo la Pelà, l’abbondante spessore del copriferro del cemento armato (50 mm) renderebbe sufficiente anche l’utilizzo della qualità più economica di calcestruzzo. L’avvocato si scaglia quindi contro la “violenza mediatica che non ha nulla di concettuale e non è sostenuta da nulla di tecnico” a cui sarebbero stati sottoposti gli imputati, affermando che “invece dei parlamentari e dei giornalisti sarebbe dovuto andare sul posto qualche tecnico. Ma gli imputati hanno fatto la scelta chiara precisa di non partecipare al calderone mediatico, ma di chiamare i migliori consulenti in Italia, persone all’altezza e non influenzabili”. Secondo la Pelà infatti i segni giallastri sui muri visibili nelle fotografie sono le tracce della ‘carbonatazione’ del calcio che, formandosi, impedisce mano a mano il passaggio dell’acqua.

Le responsabilità di Benedetti, in questo caso, sarebbero relative all’aver firmato il documento del collaudo finale, nonostante la discrepanza nel calcestruzzo tra l’opera realizzata e il progetto originariamente depositato negli uffici comunali. Ma le accuse della procura riguardano anche la sua presunta incompatibilità per il ruolo di collaudatore, dal momento che l’azienda Cmr, di cui è socio al 10%, nei tre anni precedenti all’appalto ebbe già a che fare con il consorzio Progeste, in particolare per la costruzione di due depuratori in Italia e a Malta. Incompatibilità di cui secondo la procura erano ben consci sia lo stesso Benedetti che buona parte degli attuali imputati. Su questo fronte la Pelà, oltre a chiedere l’inutilizzabilità di un’intercettazione telefonica (registrata in una fase iniziale dell’indagine) in cui Ruben Saetti e Guglielmo Malvezzi (direttore del Consorzio Cona) parlavano in maniera esplicita della questione, contesta anche il  punto nel merito. Sostenendo cioè che le eventuali norme che dettano l’incompatibilità “sono extrapenali” e che, in ogni caso, Benedetti fu estraneo da quelle particolari operazioni, per le quali non fatturò nemmeno un euro.

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Una delle immagini dei cunicoli di cui si è discusso in udienza

E se quest’ultimo punto è relativo al solo capo collaudatore, nel discorso sulla irregolarità o meno del calcestruzzo rientra anche il presidente del cda di Progeste Ruben Saetti, per il quale l’avvocato Trombetti ha chiesto la piena assoluzione affermando che “il processo e diventato un fatto mediatico” e che “una sentenza di proscioglimento aiuterà anche chi in questi anni è stato messo alla gogna ingiustamente a recuperare un po’ di dignità, di orgoglio e di stima nel sistema e in sé stessi”. Secondo Trombetti tutta la questione deriverebbe da un banale errore nella consegna del primo progetto architettonico in Comune, dove era stato indicato calcestruzzo di tipo Rck 30 anziché 25. In ogni caso, secondo le consulenze depositate dall’avvocato, “il calcestruzzo Rck 25 garantisce in pieno una durabilità di oltre cento anni, quindi il requisito è pienamente rispettato al di là del vantaggio o non vantaggio economico. L’incarico ai progettisti fu dato dall’associazione temporanea di imprese, non da Saetti, ma la durabilità è comunque garantita”.

Ma tra i capi di imputazione più gravi per il presidente del cda Progeste vi è anche la presunta truffa relativa alle perizie di variante approvate in corso d’opera. Perizie che secondo la procura servirono a gonfiare i costi dell’appalto allungando a dismisura i tempi di costruzione. La legge Merloni pone un limito preciso alle ‘aggiunte’ negli appalti pubblici, pari al 5% del costo totale dell’opera. Cifra che secondo Trombetti non fu mai superata, se si tiene in considerazione il costo totale dell’appalto comprensivo dei servizi trentennali no-core invece della mera edificazione dell’ospedale (prevista inizialmente per 137 milioni di euro e lievitata di oltre 20 milioni attraverso le varianti). E le opere al centro delle perizie, secondo l’avvocato, si sarebbero rese necessarie a causa di migliorie tecnologiche non preventivabili, punto questo fortemente contestato dalla procura, secondo cui addirittura interi reparti già presenti nel vecchio Sant’Anna (come talassemia) furono inseriti addirittura nella quarta perizia di variante.

L’arringa più rapida della giornata è stata quella della difesa di Mario Colombini, presidente di Calcestruzzi spa, del resto l’unico imputato per cui la pm Castaldini ha chiesto l’assoluzione. Secondo l’avvocato Gualtieri il calcestruzzo fornito al Consorzio Cona doveva essere “a prestazione garantita” e non “a composizione richiesta”, e il capitolato speciale di appalto non era menzionato nel contratto di fornitura. Per dovere di cronaca ricordiamo che la richiesta di assoluzione da parte della procura era condizionata dal non aver potuto ascoltare in aula il testimone Salvatore Paterna, che secondo la pm “ci avrebbe spiegato passo a passo il sistema di depotenziamento del calcestruzzo”.

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