Politica
25 Novembre 2014
Candidati tutti soddisfatti, sia promossi che trombati

Il voto e l’inguaribile sindrome di Laputa

di Marco Zavagli | 4 min

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Gulliver scopre l'isola di Laputa (illustrazione di J.J. Grandville, 1847)

Gulliver scopre l’isola di Laputa (illustrazione di J.J. Grandville, 1847)

Mancava solo che gongolasse per i due voti ottenuti anche tale Sabrina Pinotti, in lista per Emilia Romagna civica, cui spetta il record negativo di preferenze in provincia di Ferrara. Non ci saremo meravigliati.

Scorrendo le dichiarazioni dei candidati, trombati e promossi, delle ultime 24 ore, è tutto un “obiettivo centrato”, “risultato davvero positivo”, “personalmente contenti”, “orgogliosi e soddisfatti”. Da parte di tutti. Già, nessuno ha perso.

Il Pd ha vinto come previsto, ma non è più quello del maggio europeo. I coni gelato e le slide di Renzi faticano a convincere un paese sempre più in crisi e gli effetti – malgrado i tanti soloni che non vi intravedono riflessi nazionali – si sentono anche in chiave regionale. Dove i dem perdono per strada 322mila voti rispetto al marzo 2010 – la tornata precedente -, passando dai 857.613 voti del 2010 (40,64%) a 535.109 (44,52%). Meglio non fare confronti con i responsi del 2005. Altri tempi.

La Lega approfitta della caccia allo straniero e conquista giustamente le prime pagine. Ma a ben guardare gli attuali 233.439 voti (19%), che le valgono otto scranni in via Aldo Moro, restano pur sempre inferiori ai 288.601 del 2010 (allora fu il 13,6% con quattro consiglieri).

Forza Italia suona oggi come lo slogan della Nazionale di calcio ai mondiali di Brasile 2014. Da 518.108 (24,5%) è passata a 100.478 voti (8,36%) con due soli consiglieri. Meglio avrebbe fatto il Costarica, per restare in tema di pedata.

Il Movimento 5 Stelle passa dal 6% del 2010 al 13,2%, un raddoppio che vale solo sulla carta, visto che rispetto a cinque anni fa i pentastellati si proponevano ormai come l’alternativa ai due poli.

Viene poi Sel che, nella magrezza del bottino, può rallegrarsi di un migliaio di schede in più (da 37,688 a 38,845).

Ecco quindi il dato più sconcertante. Un dato che farebbe alzare bandiera bianca a chiunque. Almeno a chi ha cara la democrazia. Tranne che ai politici. Specialmente quelli che alla fine la loro battaglia l’hanno vinta. Come la Zappaterra, secondo la quale “l’affluenza non può essere il parametro se le cose vanno bene o vanno male perché in molti paesi si fa peggio”. Come dire, non lamentarti se ti prendo a calci, perché altrove ti taglierebbero un piede.

C’è poi il compagno di ticket Calvano, che ricorda Rocky Balboa mentre Ivan Drago lo massacra di botte: “Non fa male! Non fa male! Non fa male!” gli suggeriscono dall’angolo. E in effetti a ogni batosta reagisce come se il suono del gong finale fosse destinato ad altro ring. “È un fenomeno che preoccupa e cercheremo di capire dove si annidino le cause attraverso un’attenta riflessione. Il Pd vuole dare dignità alla politica ed è nato per questo”. L’ha detto nel 2010, dopo che in provincia di Ferrara l’affluenza registrò il 68,1% di votanti contro il 77,8% di cinque anni prima. Cosa dice oggi? Et voilà: “è un problema che va affrontato sapendo che si è persa un po’ di fiducia, ma abbiamo di fronte cinque anni nei quali fare di tutto per recuperarla”.

Niente da fare, se fossimo distesi sul lettino di un analista parleremmo di meccanismo della negazione. Ma distesi lo siamo solo per terra.

Viene alla mente uno dei viaggi di Gulliver, quando l’eroe di Swift approda sull’isola di Laputa, un’isola volante i cui abitanti sono “lassù troppo presi dalle loro speculazioni, per avere riguardo a quanto avviene laggiù”. Su Laputa i regnanti – isolati dal resto del mondo in una irrazionalità che nega anche le cose più lapalissiane – sono costretti a vivere, così come i sudditi, in case sbilenche, con i muri storti. Un difetto che sorge dal “disprezzo ch’essi nutrono per le cose pratiche” e dal fatto che “le istruzioni che impartiscono sono troppo raffinate per il comprendonio dei loro operai e ciò produce di continuo errori”. Errori che ovviamente non vengono percepiti. Anzi, i signori di Laputa non sono proprio in grado di assumersi la responsabilità del fallimento dei loro strambi esperimenti.

Ed ecco che, diagnosticata quest’inguaribile sindrome di Laputa per i nostri politici, continueremo a vivere in case sbilenche e a sorvolare su ogni sbaglio.

Fino a quando? Temo ancora a lungo. Probabilmente per più tempo della saga di Rocky. D’altronde lo stesso Swift in merito era alquanto pessimista: “quando [i politici] arrivano a ricredersi è troppo tardi, come il medico che ha scoperto una medicina infallibile dopo che il paziente è deceduto”.

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