Cronaca
10 Novembre 2014
Infuriate le associazioni, ma il Comune: "Ascensore già in programma per il prossimo anno"

Scuola Mosti, disabili ‘rimandati’ al 2015

di Daniele Oppo | 5 min

aquilone mosti 3“La scuola Ercole Mosti, anche se è aperta, per noi è come se non lo fosse”. Carlos Dana, presidente dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi civili (Anmic), è duro in merito ai lavori di ristrutturazione post sisma nella scuola recentemente riaperta. Il problema è l’assenza di strutture idonee a poter permettere ai disabili l’accesso a tutto l’edificio.

Un progetto finanziato con circa 1,5 milioni di euro, derivanti dai fondi del commissario straordinario per la gestione post-sisma, per dare nuova luce all’edificio danneggiato dal terremoto del 2012 – inaugurato in pompa magna con la riapertura delle scuole a settembre –  che però non ha previsto – in quel frangente – la realizzazione di un ascensore per permettere ad alunni (e anche personale) con disabilità di andare al di là del primo piano. Per non parlare dei bagni che, spiega Dana, “hanno sì i maniglioni, ma non sono funzionali e rischiano solo di essere un impiccio”. La questione era già stata sollevata dal consigliere comunale di FdI Mauro Malaguti con un’interpellanza in cui chiedeva se fossero previsti progetti ulteriori per rendere la scuola appena ristrutturata accessibile. Le associazioni dei disabili ne hanno parlato più volte nelle loro riunioni, anche con delegati del Comune: “Ci hanno risposto con la famosa scusa che non ci sono i soldi”, rivela ancora Dana che si chiede come mai in fase di progettazione non siano almeno stati previsti e predisposti accorgimenti per poi realizzare i lavori in futuro, “questo – osserva Dana – vuol dire non avere lungimiranza e non sapere fare inclusione”. Della stessa opinione è anche Silvana Messina, presidente del forum provinciale delle persone con disabilità: “Ci sono stati errori di progettazione. Posso non essere precisa – si cautela – ma ho saputo dagli incontri a cui ho partecipato che c’è solo la possibilità di accedere a un’area al piano terra e che anche i bagni non sono stati progettati per i disabili. È vero che persone in carrozzella non sono numerose – prosegue Messina -, ma è anche vero che se dovessero capitare non possono stare tutte in una sola classe. Non c’è un ascensore o un montascale e l’ipotesi che ci hanno presentato sarebbe quella di un progetto ulteriore in una seconda tranche, che comunque significa costi superiori per un nuovo progetto, quando poteva essere tutto previsto prima”.

In realtà, spiega Fulvio Rossi, dirigente del settore Attività Interfunzionali, “durante la fase di progettazione abbiamo acquisito il parere del ufficio Benessere Ambientale che ci chiedeva di effettuare quei lavori  e infatti ho chiesto all’ingegner Capozzi di tener conto delle osservazioni per inserire il progetto di abbattimento delle barriere architettoniche nel piano triennale delle opere pubbliche che verrà approvato contestualmente all’approvazione del bilancio comunale”. Rossi spiega perché non sono stati eseguiti i lavori chiesti a gran voce dalle associazioni dei disabili: “Non potevamo né costruire né prevedere l’ascensore perché i lavori sono stati realizzati con i fondi del commissario per la ricostruzione che erano vincolati verso progetti di riparazione e sicurezza sismica, ci abbiamo provato più volte ma da Bologna ci hanno giustamente detto che per quel tipo di lavori dovevamo avere un progetto nostro finanziato con i soldi del Comune”. È ancora Rossi a rivelare che, salvo il parere favorevole della Soprintendenza (l’edificio è un bene architettonico tutelato, ndr), “l’ascensore e l’abbattimento delle barriere architettoniche verranno realizzati entro il 2015 con una spesa prevista di 250mila euro, in modo da permettere l’accessibilità di tutti i piani dell’edificio”. Il progetto – che, almeno per il momento non appare nell’elenco dei lavori del piano triennale come voce specifica – dovrebbe riguardare la costruzione di un ascensore esterno che non dovrebbe gravare sulla stabilità della struttura.

“Se, da un lato, è vero e corretto che la qualifica delle opere (ripristino e messa in sicurezza) non fa ricadere l’intervento nella fattispecie prevista dal dm 236/89 e quindi nell’obbligo di rendere accessibile l’edificio”, osserva Alessia Planeta del Centro Regionale di Informazione e documentazione, struttura pubblica che si occupa dell’accessibilità, “dall’altra è impossibile trascurare la spinta ad interventi sempre più attenti nei confronti dell’accessibilità nel senso di partecipazione piena ed autonoma delle persone con disabilità alla vita di relazione data dall’evoluzione normativa degli ultimi 10 anni”. Planeta ricorda l’esistenza della Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, recepita nell’ordinamento italiano con la legge 18/2009 che punta l’attenzione sulla fruibilità di un luogo da parte di tutti. “Gli strumenti per una pianificazione accurata e attenta ci sono, a partire dai Piani di Abbattimento delle Barriere Architettoniche e Piani di Accessibilità urbana che dovevano essere adottati da tutti i Comuni entro febbraio 1987 ai sensi della legge 41/86 – prosegue Planeta -. Le forme di partecipazione e ascolto dei portatori di interesse sono ormai entrate nella modalità di lavoro di molte amministrazioni, inoltre la Regione Emilia Romagna ha predisposto il servizio gratuito del Criba proprio per fornire consulenza e supporto alle pubbliche amministrazioni in fase di programmazione degli interventi. Si tratta – conclude – di percepire queste modalità come risorse e come abbattimento costi”.

E proprio a proposito di collaborazione, sia Messina che Dana riferiscono di alcune risposte ricevute sull’eventuale presenza di bambini disabili, non proprio all’insegna dell’inclusione: “Ci hanno detto che non ci sarebbe stato problema e sarebbero stati messi al primo piano – riporta Dana -. Ma davanti a più soggetti disabili non puoi metterli tutti nella stessa classe, e poi quando vengono promossi dove li mettono? Li continuano a bocciare così possono tenerli sempre giù?”. Stessa versione fornita da Messina: “Ma cosa vuol dire? – commenta con impeto -. Ma perché qualcuno deve essere obbligato ad andare al piano terra?”. Da qui discende anche un altro problema: “Quando delle famiglie che hanno dei figli con disabilità li devono mandare a scuola controllano che il posto sia idoneo, e se non lo è neppure lo iscrivono – constata Messina -. Ci dicono che non ci sono domande, per forza, la scuola non è idonea e mettono i figli da un’altra parte”. “È un cane che si morde la coda”, sintetizza efficacemente Carlos Dana, sperando magari che dal 2015 le cose prendano davvero un’altra strada.

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