Sport
15 Maggio 2014
Per i Roosters "quello che conta non è quello che sei ma come giochi"

Quei ‘machi’ del rugby che vestono Arcigay

di Redazione | 3 min

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Cosa ci fanno dei giocatori di rugby con la maglia arcobaleno? Semplice, la formazione di rugby a 7 “The Roosters”, nata pochi mesi fa da alcuni giocatori del Cus Ferrara che milita nella serie B italiana, promuove la causa omosessuale dell’Arcigay. Questa collaborazione tra lo sport più ‘macho’ per antonomasia e l’associazione per il riconoscimento dei diritti gay verrà ufficializzata sabato 17 maggio. Una data molto più che simbolica: i Roosters scenderanno in piazza San Nicolò proprio nella giornata contro l’omofobia per allestire un banchetto per la raccolta fondi. Questo neo sodalizio, infatti, prevede che l’Arcigay finanzi le divise (muta, borse, tute) oltre che l’iscrizione al prossimo torneo che si disputerà a Monaco di Baviera a fine settembre.

Un grande passo in avanti per Arcigay e per la battaglia contro i pregiudizi omosessuali accolto con grande entusiasmo, e anche con un poco di incredulità, dal presidente nazionale Flavio Romani. “È la prima volta in assoluto che la nostra associazione sponsorizza una squadra sportiva – commenta il presidente ferrarese – ma il mondo del rugby, a differenza di altri, è molto aperto”. Una sensibilità che travalica i confini locali: a livello internazionale la nazionale australiana, una delle più forti al mondo, sostiene da sempre campagne contro l’omofobia, diventando un esempio da imitare per giovani e sportivi che amano questo sport. In Italia, invece, i pionieri sono proprio questi piccoli ‘galletti da combattimento’ (la traduzione italiana di Roosters) che “ci fanno comprendere che le nostre tematiche vengono capite e difese anche da chi non è gay, lesbica o transgender” asserisce Romani, che specifica: “A scanso di equivoci tutti i giocatori sono etero”.

Per i giocatori, quindi, i diritti non hanno un genere o un colore ma l’unica meta è “essere utili a una causa civile”. A dirlo è uno dei fondatori della squadra, Alberto Fogagnolo, e proprio da altri due componenti della formazione, da sempre attivi in favore delle tematiche Lgbt, è partita l’idea di questa collaborazione. Dall’idea si è passati alla pratica: i giocatori ne hanno parlato con Salvo Finistrella, un amico che frequenta la palestra del Cus e membro del direttivo provinciale di Arcigay, che a sua volta li ha messi in contatto con la segreteria nazionale, prima dell’incontro diretto con Flavio Romani avvenuto a fine marzo. Un passaggio della palla ovale che ha portato alla partecipazione al grande evento di sabato: al banchetto saranno presenti i prototipi delle possibili divise da indossare, e saranno le persone presenti alla giornata contro l’omofobia a sceglierle. Una grande condivisione sportiva e culturale per superare le yard di pregiudizio che può essere supportata anche dai cittadini. Nel gazebo, infatti, saranno in vendita per autofinanziamento delle magliette con il motto della campagna australiana contro l’omofobia: “It’s not who you are, it’s how you play the game” perché quello che conta, sul campo dello sport come in quello della vita, “non è quello che sei ma come giochi”.

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