Eventi e cultura
5 Maggio 2014
Alla Festa del Libro Ebraico, con l’autrice Michèle Fitoussi i relatori Nicola Zanardi e Vincenza Maugeri

Helena Rubinstein, la donna che inventò la bellezza

di Redazione | 3 min

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unnameddi Silvia Franzoni

Nell’ultima giornata della Festa del Libro Ebraico un numeroso pubblico si è riunito per assistere alla presentazione del libro “Helena Rubinstein: la donna che inventò la bellezza”, un incontro, moderato dal presidente di Ferrara Fiere Nicola Zanardi, che ha avuto come relatrici l’autrice Michèle Fitoussi, giornalista e scrittrice parigina, e il vicedirettore del Museo Ebraico di Bologna Vincenza Maugeri.

Se “il mercato della bellezza non ha rughe”, come introduce Vincenza Maugeri, ed “il potersi servire della cosmesi, del disporre di creme e rossetti e dei servizi offerti nei centri estetici” è ormai abitudine, si dovrà però tener conto che la quantità e la grande varietà di prodotti disponibili oggi erano null’altro che chimera poco più di un secolo fa, all’inizio del ‘900, e la realizzazione del business della bellezza, anche in campo scientifico, si deve proprio alle donne. La necessità di scrivere di Helena Rubinstein trova ragione nella sua vita stessa, “così romanzesca – commenta la scrittrice Fitoussi – da richiederne una stesura” che la consegnasse al pubblico odierno, così che ne conoscesse il merito “di aver reinventato la bellezza, rendendola democratica”. L’emancipazione femminile, come sottolineano le relatrici, “ha seguito l’evolversi della moda”, e la coscienza di sé non può trascendere la cura dell’estetica, che “è intesa come vero e proprio potere, non soltanto di seduzione, ma di liberazione, di conquista”: permettere a tutte le donne, indistintamente dalla classe sociale di appartenenza, di accedere alla cosmesi è atto rivoluzionario, ne sia d’esempio “la manifestazione delle suffragette americane che, nel 1912, scesero in strada chiedendo a gran voce il diritto di voto, indossando il rossetto”.

Helena Rubinstein fece della sua immagine la miglior pubblicità dei suoi prodotti, “prima ambasciatrice del proprio impero di cosmesi”, una donna in realtà “molto esile, di bassa statura – come la descrive brevemente Vincenza Maugeri – e dalla carnagione molto chiara e delicata, che si rese icona, capace di reinventarsi continuamente”: nata a Cracovia da famiglia ebrea, si trasferì ben presto in Australia dove cominciò a produrre i suoi prodotti ed aprire saloni di bellezza, tornò in Europa e rese teatro della propria attività Parigi e Londra, partendo poi alla conquista degli Stati Uniti.

Incalzata dalle domande di Vincenza Maugeri, l’autrice Fitoussi prende a descrivere gli anni parigini della Rubinstein la quale, in un contesto culturale vivo e vivace come quello che interessa la capitale francese durante il primo novecento, “indirizza il suo eclettico interesse anche nell’arte, divenendo una collezionista di arti primitive tra le più importanti del XX secolo”: frequenta gallerie ed atelier “mercanteggiando sempre perché d’animo spiccatamente imprenditoriale”. Il pubblico segue attento le parole della scrittrice, magistralmente tradotte in simultanea da Susanna Fogli, che con precisione annotano dettagli e sfumature “di una figura affascinante, mecenate del gusto”.

In una donna così visionaria, affascinante e ricchissima, la sua identità ebraica rimase però marginale: “cercò di allontanarla sempre – spiega l’autrice Fitoussi – e ne sia d’esempio la rinuncia alle proposte di matrimonio che la costrinsero a raggiungere gli zii in Australia; non voleva vivere il suo destino e consegnò sempre un’immagine di sé slegata dal suo essere ebrea, mantenendo però sempre un forte attaccamento alla famiglia e nutrendo per la Polonia un sentimento di profonda nostalgia”.

Ad Helena Rubinstein si deve riconoscere un “animo progressista che ha saputo individuare nella bellezza la forza dell’emancipazione”, intuendo quei processi che avrebbero interessato tutto il XX secolo, e così anche il XXI , ma, ammonisce in conclusione Fitoussi, “non tradì mai l’indole capitalista per gli ideali femministi, si dimostrò esser sempre conservatrice, profondamente legata all’impero miliardario che aveva saputo costruire con le sue mani”.

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