Codigoro
1 Dicembre 2013
Nicola Marchetti firmò visite mediche mai eseguite sui militari. L'alpino codigorese morì nel 2001 a causa di un linfoma

Caso Finessi, condannato l’ufficiale medico

di Redazione | 3 min

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Francesco Finessi

Codigoro. Hanno cercato per undici anni di far luce sulle cause della morte del loro figlio, Francesco Finessi, militare di stanza a Belluno scomparso il 1° dicembre del 2002 per un linfoma di Hodgkin. Oggi, con la condanna a tre anni di reclusione per Nicola Marchetti, il primo ufficiale medico della caserma Salsa, Raffaele e Santa, i genitori dell’alpino codigorese, si sentono più vicini alla verità e alla giustizia inseguite per oltre un decennio.

Marchetti infatti è stato condannato per falso ideologico e falso materiale commessi da pubblico ufficiali in atti pubblici. A incastrarlo è la documentazione delle viste mediche firmate dall’ufficiale medico ma in realtà mai eseguite sui militari della caserma: sul libretto sanitario di Francesco Finessi compariva un controllo medico mai fatto, il 15 novembre del 2000, ma regolarmente firmata da Marchetti. Così come, durante il processo, è emerso che solo saltuariamente venivano svolte le visite mediche (in teoria a cadenza quindicinale) con cui doveva essere monitorato il personale militare. Impossibile, secondo i difensori di Marchetti, eseguirle tutte. Troppo il personale (circa un migliaio di persone tra militari e civili) per poter essere gestito in maniera accurata dal medico e dai suoi due assistenti. Ci si limitava quindi a fare delle viste collettive e chiedere ai ragazzi se ci fossero problemi.

Al di fuori del processo, sono numerose le persone che legano queste vicende alle malattie di migliaia di malattie anche mortali tumori tra i soldati. Il proliferare di casi, nei primi anni 2000, fece pensare inizialmente a un legame con le pallottole all’uranio (tristemente note durante la guerra nei Balcani), ipotesi esclusa però dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Diversi esperti come il naturopata Paolo Vanoli, il presidente della Lega Tumori di Siena, Franco Nobile, e Massimo Montinari, il primo medico italiano ad occuparsi di complicanze da vaccino, avanzarono quindi una nuova teoria. Secondo le loro perizie infatti gli eccipienti dei vaccini, mercurio ed alluminio, si depositerebbero su alcuni organi, compromettendo il sistema immunitario ed esponendo al rischio di linfomi e leucemie.

E non stupisce quindi che i famigliari di Finessi e di altri compagni di reggimento puntino il dito anche contro le modalità di somministrazione dei vaccini a cui veniva sottoposto il personale militare: Finessi, così come Francesco Rinaldelli (altro giovane di stanza ne 16° reggimento alpini e morto in circostanze analoghe) e altre centinaia di soldati, avrebbero fatto decine di vaccini contemporaneamente, violando anche i termini dei richiami. Utilizzando anche il “Neotyf”, un medicinale che nel gennaio 2002 il ministero della Salute ritirò dal commercio per “ragioni di mercato”.

Marchetti è stato condannato a tre anni di reclusione, ma l’intervento dell’indulto condonerà interamente la pena. La sentenza potrà però servire ai familiari di Finessi in una causa civile per il risarcimento, dal momento che la loro richiesta di costituirsi parte civile è sempre stata negata dal tribunale di Bolzano. Francesco fu colpito dal linfoma dopo che nella caserma gli fu somministrato un secondo vaccino contro il tifo, dal momento che il personale medico non si accorse dell’annotazione scritta dal medico di Merano che effettuò la prima iniezione. La loro speranza è ora quella di far riconoscere il figlio come “vittima del dovere” dal ministro della giustizia.

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