di Federica Pezzoli
Tre classi del liceo scientifico Roiti e tre classi dell’Istituto Tecnico Commerciale Bachelet hanno riempito sabato mattina la Sala del Consiglio Comunale in occasione dell’incontro Costituzione: ‘revisioni o ‘manomissioni’? Un percorso nei sentieri della riforma costituzionale, secondo appuntamento del ciclo Costituzione e riforme organizzato dal Comune di Ferrara in collaborazione con il dipartimento di Giurisprudenza dell’ateneo cittadino e con il Comitato provinciale Ferrara per la Costituzione.
Paolo Veronesi, professore associato di diritto costituzionale all’Università di Ferrara, ha illustrato agli studenti alcune caratteristiche fondamentali della nostra Carta Costituzionale e le principali problematiche poste dal progetto di modifica attualmente in corso. Veronesi ha aperto e chiuso il suo intervento con due citazioni che rendono bene l’idea del significato di un progetto di modifica costituzionale, anche se non ci riferiamo al nostro specifico caso. La prima è dalla Politica di Aristotele: “Correggere una Costituzione non è impresa minore del costruirla la prima volta”. La seconda è dell’ex-presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky: “La migliore Costituzione può essere corrotta da uomini mediocri. Una mediocre Costituzione può funzionare bene con uomini capaci”.
Il “grande problema” ha affermato Veronesi è “come è possibile cambiare la nostra Costituzione e cosa è possibile modificare”. Per capirlo si possono usare “tre criteri”: il primo è il “rispetto delle forme, ovvero delle procedure” perché queste “hanno sempre un senso”, ad esempio le “procedure rigide dell’articolo 138 – riguardante proprio le leggi di revisione costituzionale (ndr) – vogliono mettere in guardia rispetto al fatto che si sta mettendo mano a un oggetto delicato”; il secondo è “giudicare la sostanza delle riforme proposte”; il terzo, “di carattere più politico”, è valutare “l’adeguatezza delle proposte alle esigenze, alle condizioni sociali, alle caratteristiche del paese”, in poche parole le modifiche costituzionali non sono esportabili tout court da una realtà ad un’altra.
E proprio a questi tre criteri il professore si è attenuto per analizzare la riforma costituzionale oggi in itinere. Per quanto riguarda le procedure “la prima anomalia è che non si segue il procedimento previsto nell’articolo 138 ma una nuova, diversa procedura predisposta da una legge costituzionale”che questa volta segue quell’articolo: siamo cioè di fronte ad “una legge costituzionale di deroga”. Altre critiche riguardano il numero cospicuo degli articoli che verrebbero modificati (circa 69) e il fatto che “il procedimento di revisione sembrerebbe teleguidato dal Governo che ha proposto il decreto di legge costituzionale e ha nominato la Commissione dei saggi”, oppure ancora la “drastica riduzione dei tempi di approvazione delle leggi di revisione”, in tutto 18 mesi, che “metterebbe in pericolo la doverosa ponderazione” da parte dei legislatori e “il coinvolgimento popolare”. A proposito della sostanza delle modifiche, fermo restando che è difficile parlarne perché per ora in mano abbiamo solo la relazione dei Saggi con “una serie di proposte anche alternative le une alle altre”, Veronesi ha sottolineato con forza che “occorre sfatare un mito: quello per cui la nostra Costituzione è divisibile in due parti come una mela”, la prima con i diritti e doveri fondamentali ancora attuale e immodificabile e la seconda con l’ordinamento dello Stato che necessita di modifiche. “Non è vero perché tutto ciò che si trova nella prima parte trova i suoi istituti di garanzia nella seconda”: insomma “è un bilanciamento complesso e delicato”.
Il terzo criterio entra in gioco quando si pensa che il vero nodo di tutto il progetto sono “i rapporti fra Governo e Parlamento” e la presunta necessità di “concentrare il potere esecutivo in una persona immediatamente riconoscibile e carismatica legittimata da un’elezione diretta”. Ora queste proposte sono adatte “ad un Paese con la storia e la situazione politica dell’Italia?” ha chiesto provocatoriamente Veronesi ai ragazzi. In altre parole siamo sicuri che in un Paese come il nostro, con alle spalle il ventennio della dittatura fascista e – lasciando da parte il personalismo berlusconiano – “caratterizzato dalla presenza di corruzione e oligarchie” non siano più adatti semplici cambiamenti che introducano “meccanismi di razionalizzazione” delle procedure di funzionamento della forma parlamentare? Chissà cosa ne penseranno i futuri o neo-elettori che stavano seduti ad ascoltare.
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