Cronaca
9 Agosto 2013
Malgrado feste, conferenze e inaugurazioni, manca la Dia

Spazio Grisù, non esiste nemmeno il cantiere

di Marco Zavagli | 4 min

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grisu2Da mesi ormai si sente sempre più spesso parlare dello Spazio Grisù, la “prima factory creativa dell’Emilia-Romagna”, per mutuare le parole dell’omonima associazione che gestisce lo spazio di via Poledrelli 21. Qui, nell’ex caserma dei vigili del fuoco a Ferrara, abbandonata dal 2004 e messa inutilmente in vendita dalla Provincia per sei milioni di euro, ha sede l’associazione non profit Grisù. Il suo obiettivo è riutilizzare i 4mila mq della struttura dismessa, concessa dalla Provincia in comodato d’uso gratuito precario, per farvi insediare imprese creative.

“L’Associazione – si legge nel sito di Grisù – agisce come una sorta di facilitatore per la nascita dell’imprenditorialità creativa. L’immobile verrà riattivato senza finanziamenti pubblici, ma grazie agli investimenti delle giovani imprese che entreranno”. In cambio del loro contributo alla riattivazione dello spazio, le imprese non saranno tenute a pagare alcun affitto per almeno cinque anni.

Tutto bello, bellissimo. Tanto che lo Spazio Grisù si è meritato di recente anche l’attenzione di quotidiani nazionali e trasmissioni televisive di tutto rispetto, come Il Sole 24ore e Report. Nella puntata andata in onda lo scorso 5 maggio all’interno del programma condotto da Milena Gabanelli si loda l’associazione che ha preso in gestione l’ex caserma e “ne sta facendo uno spazio gratuito per 18 imprese culturali e creative”, dove “ogni professionista si sta risistemando il proprio ufficio”.

Alla luce dei fatti però quel “gratuito” non tiene conto di alcune, importanti spese iniziali. E anche la risistemazione degli uffici è ancora lontana dal realizzarsi. Già, perché di Dia (denuncia di inizio attività) o Scia (segnalazione certificata di inizio attività) nell’ufficio preposto in Comune non c’è neanche l’ombra.

La ristrutturazione dell’immobile deve ancora partire. Per farlo bisogna inoltrare le relative pratiche allo sportello dell’edilizia in Piazza Municipio. E qui, da via Poledrelli, “non ne è arrivata nemmeno una”, come ci fanno sapere gli addetti dell’ufficio. In pratica l’immobile è ancora inagibile. E senza Dia non ci può essere nemmeno un cantiere. E inagibile è stato anche il suo cortile interno fino a poco tempo fa, fino a quando cioè gli organizzatori de “The secret garden”, la rassegna musicale ospitata in questi mesi al suo interno, hanno provveduto a proprie spese a ogni incombenza.

grisùEppure nei mesi precedenti si è registrato più di un evento. Lo scorso 21 dicembre si è tenuta una “Chiamata alle arti”, un invito esteso a tutti gli artisti della regione per dare libero sfogo alla propria creatività. All’appello risposero “un centinaio di persone – faceva sapere una nota stampa dell’associazione -, tra autorità, giornalisti, creativi e rappresentanti di imprese e associazioni culturali”. Alla conferenza stampa di presentazione erano intervenuti il presidente della Camera di Commercio Carlo Alberto Roncarati, l’allora capo di gabinetto della Provincia di Ferrara Manuela Paltrinieri e il vicesindaco del Comune di Ferrara Massimo Maisto.

Un’altra manifestazione pubblica si è tenuta il 21 marzo con l’Open day, con la consegna delle chiavi a ciascuna impresa assegnataria. Presenti, scrisse nell’occasione l’associazione, “oltre cinquecento persone”. Tra questi la presidente Zappaterra, il vicesindaco Maisto e l’assessore comunale Roberta Fusari.

Ma veniamo allo spazio gratuito per le 18 imprese insediate, che nel frattempo sono diventate 15. Non entriamo nel merito dei 300 euro che ogni impresa deve sborsare, ma veniamo subito ai moduli di adesione al bando per l’assegnazione di uno spazio, con i quali le imprese si impegnano a ristrutturare a proprie spese gli ambienti di lavoro. Il che vuol dire, dal momento che mancano servizi igienici, impianto di riscaldamento e impianto elettrico, un costo di mercato di circa 800 euro a mq. Per esemplificare, ristrutturare un ufficio di 50 mq rischia di costare 40mila euro. Vero è che per cinque anni non si pagherà l’affitto alla Provincia (le utenze sì), ma su chi si insedia pende la spada di Damocle della possibile vendita dell’immobile. Vale a dire che, in una ipotetica peggior ipotesi, un’azienda investe 40mila euro per ristrutturare gli uffici e dopo due mesi è costretta ad andarsene perché intervenuta l’alienazione. Sul punto l’associazione Grisù aveva fatto sapere a marzo che “la Provincia aveva deciso di togliere l’immobile dall’elenco dei beni alienabili, per supportare ulteriormente il progetto”. A maggio, invece, nell’intervista a Report, la presidente Zappaterra correggeva il tiro: “abbiamo cessato di fare tentativi di vendita”, formalizzando con Grisù un comodato d’uso gratuito precario”. Precario proprio perché sottoposto a questa condizione eventuale.

Ma la precarietà è data anche da un altro fattore. Se ogni impresa selezionata è tenuta a risistemare a proprie spese il relativo ufficio, lo spazio comune (cortile, corridoi, scale) è invece a carico dell’associazione. Che non si è ancora attivata per inoltrare le pratiche per le concessioni edilizie al Comune. Potrebbe accadere quindi che chi ad esempio ha ottenuto uno studio al primo piano, pur avendo investito per la ristrutturazione, non potrà accedervi.

Ciliegina sulla torta, se un domani si facesse vivo qualcuno intenzionato ad acquistare l’immobile incontrerebbe condizioni estremamente favorevoli. Con i sei milioni di base d’asta acquisterebbe un immobile non più da ristrutturare (per una spesa preventivabile in circa 5 milioni di euro) e notevolmente cresciuto di valore grazie a questa “imprenditorialità creativa”.

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