Cronaca
30 Aprile 2013
Per la Corte fu premeditato il massacro di Tarek Hamad del 29 aprile 2012

Omicidio del sottomura, condanna a 21 anni

di Marco Zavagli | 4 min

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La Corte d'Assise pronuncia il verdetto

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Arriva la prima condanna per l’omicidio di Tarek Hamad. Alle 15.45 di ieri la Corte D’Assise, dopo una camera di consiglio durata meno di due ore, ha emanato il verdetto. Nabil Benabdennaby, 24 anni, nazionalità marocchina, sconterà 21 anni di reclusione per l’omicidio premeditato del 25enne tunisino avvenuto nel sottomura di via Baluardi a Ferrara la sera del 29 aprile 2012 (vai all’articolo).

Il pm Alberto Savino nella sua requisitoria aveva chiesto la pena di 24 anni, considerando le attenuanti generiche, la giovane età, la condotta processuale, il fatto che non sia fuggito dall’Italia come gli altri imputati.

Per la pubblica accusa Nabil Benabdennaby si era costruito una “doppia vita: la prima, quella di buon cittadino, buon padre e fidanzato ideale; la seconda quella che lo vedeva partecipare a spedizioni punitive nella faida tra nordafricani per lo spaccio delle droghe leggere in città, ultima in ordine di tempo quella che ha portato al tragico lutto oggetto del processo”.  E che l’imputato si trovasse nel luogo del delitto non ci sono dubbi, lo ha ammesso lui stesso (vai all’articolo). La discussione verteva sul ruolo avuto e, su questo aspetto, “ci sono testimonianze convergenti che ricostruiscono il puzzle di quanto avvenuto quella sera e che vedono Nabil partecipare al massacro”. Un massacro (vennero utilizzati vari tipio di armi, tra cui una spada katana) “premeditato” secondo Savino, “che nasce da una faida scoppiata in città una settimana prima, il 21 aprile, quando dei tunisini rapinano un marocchino. Ne scaturisce nei giorni successivi una serie di scontri, fino al pestaggio di un marocchino ad opera di 12 tunisini. Da quest’ultimo episodio scatta la vendetta messa in atto il 29 aprile”.

“Il frutto di un’idea di vendetta – rincara la dose nella sua arringa l’avvocato di parte civile Massimo Bissi – che non poteva che portare alla morte. Se con una spada corro indietro a qualcuno non posso pensare di non ucciderlo; a questo punto cosa conta se l’imputato aveva in mano un coltello o una corda? ciò che conta è che lui era lì e non per caso”. E se il pm ha parlato di un puzzle, Bissi immagina di essere davanti a “un film raccontato alla Corte dai numerosi testimoni”. Dei quali ognuno regala “un fotogramma di quanto sta succedendo nel sottomura da diverse inquadrature; ma ci sono parti sovrapponibili di questo racconto, parti omogenee, senza sbavature. Tra queste la presenza sul luogo del crimine di Nabil”.

Nabil era lì e ha assistito a tutto solo per caso, “solo per comprarsi una dose di fumo e poi fuggire impaurito dalla scena di guerriglia” secondo la difesa sostenuta da dall’avvocato Eva Neri del foro di Ferrara e dalla collega Anna Sambugano del foro di Vicenza. “certo bisogna fare giustizia – afferma Neri -, ma bisogna individuare chi ha partecipato”. E nel farlo la difesa dubita che i testi dell’accusa possano essere creduti: “come ricostruiscono questo puzzle? chi sono queste persone? Quale può essere la loro attendibilità? Se Nabil

Il pm Alberto Savino

Il pm Alberto Savino

era davvero colpevole, perché è rimasto a casa e anzi ha detto alla sua ragazza di chiamare i carabinieri? Perché sarebbe andato nel bar frequentato dai tunisini? Se un colpevole si comporta così allora deve essere pazzo…”.

Per la Corte invece un ruolo chiave Nabil l’ha avuto. Di qui la condanna a 21 anni, più una provvisionale di 30mila euro per la famiglia di Tarek e il risarcimento da liquidarsi in sede civile.

Per quanto riguarda gli altri partecipanti all’omicidio, un sedicenne è già condannato in primo grado a 8 anni dal tribunale dei minori di Bologna; un terzo, il 27enne Bouchaib Abbidi, anch’egli marocchino, ha scelto il rito abbreviato. A giorni si aprirà il processo nei suoi confronti. Bisognerà attendere l’autunno invece per il processo, sempre in Corte d’Assise contro gli altri cinque imputati (Mounir Nakis, 28 anni, Rachid Slihad, 27, Ayoub Belbassi, 21, Yassine Goram, 27, e Yassin Haddy, 24, tutti marocchini), tutti latitanti.

Le motivazioni della sentenza arriveranno tra 30 giorni. “Faremo senz’altro appello – anticipa l’avvocato Neri -; prima vedremo come la sentenza sarà riuscita a dare una risposta alle innumerevoli contraddizioni tra testimonianze emerse in aula”.

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