Attualità
12 Aprile 2013

Geologi, profeti inascoltati

di Michele Fabbri | 3 min

Geologi a convegno oggi a Ferrara, dalle 9,30 alla Sala Estense, per parlare di prevenzione e riduzione del rischio sismico. Gli esperti si confronteranno vent’anni dopo un analogo incontro in cui richiamarono l’attenzione  dell’ opinione pubblica e delle amministrazioni sulla sismicità del nostro territorio: profeti inascoltati di una pericolo che allora non era nemmeno riconosciuto dalla classificazione e dalla cartografia ufficiali.

Ma non sarà un’occasione celebrativa. Quei vent’anni trascorsi inutilmente a ribadire la necessità di studi adeguati per un’efficace  prevenzione hanno creato una crescente frustrazione. Che si è trasformata nell’ultimo anno,dopo il sisma di maggio, in un duro richiamo alle autorità da cui dipende la sicurezza del territorio, responsabili di una delegittimazione del compito del geologo che “può portare alla difficoltà ad operare per questa figura professionale a scapito della sicurezza del territorio e del benessere della comunità”.

L’ultimo atto è un dettagliato ed esplicito documento in cui si afferma che “un’analisi monca dell’apporto della geologia può portare anche a conseguenze incresciose, come già accaduto in altri territori comunali della Provincia di Ferrara, nei cui Piani strutturali comunali (Psc), per esempio, non si evidenziava alcun rischio di liquefazione, smentito clamorosamente dai fatti del 20 maggio”.

Nel documento, inviato all’inizio di quest’anno dal Commissariato straordinario dell’Ordine dei geologi del’Emilia Romagna al sindaco del Comune di Ferrara, al Rettore dell’Università e al coordinamento del Consiglio dei corsi di studio in scienze geologiche, si richiama tutto l’iter legislativo e normativo che ha portato all’Atto di indirizzo e coordinamento tecnico n 112 del 2007 e alle norme tecniche del 2008.

Obbligo di microzonazione

In base a tali norme,  si deve giungere ad una “microzonazione” del territorio che, partendo da una prima fase di indagine propedeutica su larga scala, consenta gli approfondimenti di secondo livello su scala più ridotta (1:5.000) ed eventualmente a quelli, ancor più approfonditi, di terzo livello.

È solamente con la microzonazione di secondo livello che si possono individuare con precisione le aree sottoposte a rischi di amplificazione e liquefazione (come è accaduto nell’Alto ferrarese). “Per le aree urbanizzate e urbanizzabili – ricorda il documento dell’ Ordine – […]che possono avere un coinvolgimento e un valore economico, sociale, storico culturale è  necessario eseguire un secondo livello di approfondimento.”

Il terzo livello di approfondimento, infine, è necessario per valutare “l’effettivo grado di pericolosità sismica locale nelle aree instabili e in quelle potenzialmente instabili, di quelle soggette a liquefazione o in aree in cui è prevista la realizzazione di opere di rilevante interesse pubblico”

Manca il modello geologico per la microzonazione

Il problema è che, secondo l’Ordine, l’approfondimento necessario per la microzonazione è stato svolto solamente con 63 prove penetrometriche (indagini effettuate inserendo nel suolo una sonda metallica), il cui risultato è di valore esclusivamente locale, “ovvero poco e per nulla estendibile alle aree limitrofe”, certamente insufficiente per tutto il territorio comunale. “Per acquisire valore di conoscenza e previsione – affermano i geologi –  questi dati DEVONO essere accompagnati da una RELAZIONE GEOLOGICA, integrata da specifiche analisi di laboratorio”.

Insomma, la micro zonazione di secondo livello non sarebbe ancora realizzata e il metodo di indagine adottato (prove penetrometriche) sarebbe assolutamente inadeguato. “Non sono state operate, afferma il documento dell’Ordine, come richiesto anche dalla normativa, l’integrazione con il Modello geologico per la conclusione del secondo livello e l’identificazione delle aree per l’analisi approfondita di terzo livello”.

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