Come citato correntemente nel sito Oubliette Magazine.com: “(…)Nella storia dell’arte elettronica italiana, Ferrara città d’arte, anni fa (fine secondo novecento) si segnalò a livello anche internazionale (con le capitali New York, Tokyo, Kassell ed altre),grazie all’attività del Centro Video Arte del Palazzo dei Diamanti, allora art director Franco Farina, in collaborazione con Lola Bonora e Carlo Ansaloni – ora assistente di Fabrizio Plessi (…). In alcune rassegne furono protagonisti Nam June Paik, Bill Viola, Marina Abrahmovic, Plessi e altri pionieri della video italiana ed estera. Epoca dei VHS ed altre tecnologie di quegli anni (…)”.
Ed il nome di Nam June Paik – dopo un breve passaggio alcuni anni fa a Ferrara, ai Diamanti – torna alla ribalta in una mostra aperta il 16 febbraio scorso nelle sedi espositive della Galleria civica di Modena, Palazzo Santa Margherita e Palazzina dei Giardini, intitolata “Nam June Paik in Italia”, curata da Silvia Ferrari, Serena Goldoni e Marco Pierini.
Organizzata e coprodotta dalla Galleria civica di Modena e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, realizzata in collaborazione con Solares Fondazione delle Arti di Parma, l’iniziativa riflette sulla presenza e sull’influenza dell’artista coreano in Italia a vent’anni esatti dal riconoscimento del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 1993.
Il percorso espositivo presenta una significativa selezione di opere – oltre cento lavori – provenienti da importanti collezioni italiane e si propone di ricostruire il rapporto dell’artista con il nostro Paese di cui è stato ospite assiduo, dagli anni Settanta a tutti gli anni Novanta, da solo o con altri artisti della galassia Fluxus, impegnato in performance, mostre, scambi e dialoghi con critici, collezionisti, istituzioni.
Il nucleo principale della mostra è costituito dai numerosi lavori appartenuti ad Antonina Zaru, che con l’artista coreano ha intrattenuto un rapporto duraturo e fecondo. Sono inoltre esposti documenti e testimonianze fotografiche e filmate scaturite da un’ampia ricognizione condotta sul territorio emiliano, dove Paik ha trovato molta attenzione da parte di galleristi appassionati come Rosanna Chiessi e Carlo Cattelani e di accorti collezionisti. Esponente di spicco del movimento Fluxus, considerato il principale precursore della video arte, fu definito “un artista consapevole del proprio tempo”, capace di utilizzare l’oggetto televisore e la telecamera sia come elementi con cui produrre videosculture e videoinstallazioni, sia come componenti vere e proprie a livello di performance.
Tra i protagonisti della stagione dell’happening newyorkese nel corso della sua vicenda artistica Paik ha agito fra arte, musica, teatro e fotografia, spesso insieme alla violoncellista Charlotte Moorman e collaborando, fra gli altri, con John Cage, Peter Moore, Laurie Anderson, Joseph Beuys e Merce Cunningham. Presenti in mostra altre importanti opere come “Sfera. Punto elettronico” del 1990-92, “TV Cello”, 1992 e “Young Buddha on Duratrans Bed”, 1989-1992.
Il catalogo bilingue italiano/inglese a cura di Silvia Ferrari, Serena Goldoni e Marco Pierini è pubblicato da Silvana Editoriale.
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