Ha voluto raccontare tutta la sua storia, da quando era giovane fino ad oggi. Ha ricordato il trauma dei 22 anni, quando tornò a casa e scoprì che la madre aveva sparato accidentalmente al padre con il fucile, uccidendolo, fino a quando ha conosciuto l’uomo che sarà lei ad uccidere. Donatelli Zucchi, dopo esser stata scoperta dalla polizia entrata in casa, in via Favero 44, dove era ancora il cadavere del marito Vincenzo Brunaldi che aveva ucciso il giorno prima, “aveva un fortissimo bisogno di parlare”. Lo rivela il pm che sta seguendo il caso, Mariaemanuela Guerra della procura di Ferrara.
Al magistrato quel giovedì la donna ha raccontato tutto quello che aveva dentro. Uno sfogo fatto di umiliazioni che avrebbe subito in casa, di maltrattamenti. Questa, ovviamente, è la sua versione, che la procura dovrà confermare o smentire. “Si era fissata su alcuni dettagli, per lei importantissimi – continua la Guerra -. La sera prima avevano litigato pesantemente. Poi, all’alba, si è svegliata, ha preso l’arma, l’ha caricata e puntata alla nuca del marito che dormiva ancora”. La pistola, detenuta regolarmente per uso sportivo, verrà trovata pulita all’interno della cassaforte accanto a una scatola di proiettili.
Ucciso il marito, la Zucchi è andata ad assistere la madre, ricoverata in ospedale. Tornata a casa, ha pulito il corpo avvolgendolo in strati di cellophane. Si è disfatta del materasso e delle tende, anch’esse macchiate di sangue. “Nello stesso giorno – aggiunge il magistrato – acquista un grande cassonetto verde, come quelli in uso per le ramaglie del giardino. Era convinta che potesse contenere il cadavere”. E invece vi entrerà solo fino alla cintola. In quello stato lo troverà la polizia. “Quando ha capito che non sarebbe riuscita a disfarsi del corpo è crollata. Si è vista persa. Ha capito che sarebbe stata scoperta”.
“Per attutire lo sparo – fa sapere la Guerra – ha detto che ha utilizzato un cuscino, ma non è stato trovato”. Poi il fermo e la confessione. Alle 22 di giovedì sera, al termine del lungo interrogatorio, Donatella Zucchi sembrava assente, “come se non avesse capito cosa le stava per succedere, come se credesse di poter tornare a casa. Ho chiesto che, una volta in carcere, venisse tenuta sotto osservazione”, per il timore di azioni disperate una volta acquistata consapevolezza di quello che aveva fatto.
La procura potrebbe chiedere una perizia psichiatrica. Altrettanto farà la difesa, come conferma il difensore dell’indagata, Eugenio Gallerani, anch’egli “colpito dalla lucidità con cui ha raccontato le cose in sede di interrogatorio”. “Siamo di fronte a un grosso dramma familiare”, premette il legale parlando di “una signora che va esaminata a fondo, per i tanti problemi che ha, fisici e psichici. È sempre stata in cura, prendeva psicofarmaci, aveva forti dolori alla schiena e fortissimi mal di testa, quella che viene chiamata la ‘cefalea del suicida’”. Lunedì pomeriggio Donatella Zucchi avrebbe sostenuto il primo appuntamento con uno psichiatra, “forse anche consigliata dal marito”.
Tra le sue tante vicissitudini che avevano incrinato il rapporto di coppia vi era anche un lungo calvario per riuscire ad avere un figlio. I due coniugi, infatti, non potendone avere, erano ricorsi alla fecondazione assistita recandosi a Bruxelles. “L’hanno fatto 4-5 volte con esito negativo – spiega Gallerani -, poi finalmente la signora è rimasta incinta di due gemelli, ma la gravidanza è stata problematica ed ha avuto un aborto spontaneo”.
Quanto alla volontà di occultare il corpo, “dopo l’omicidio lei le ha pensate tutte, era confusa, ha anche pensato di telefonare alla polizia. Certo è che non si è resa irreperibile: quando gli inquirenti sono arrivati era infatti in casa in pantofole, come se li stesse aspettando”.
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