Politica
16 Novembre 2011
Sei domande ai referendari ma un solo giudizio: bocciati su tutti i fronti

Il professor Marattin bacchetta il comitato

di Marco Zavagli | 5 min

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Sei domande al comitato acqua pubblica. Le rivolge pubblicamente Luigi Marattin agli attivisti che in consiglio comunale hanno manifestato in favore della discussione degli ordini del giorno sulle tariffe dell’acqua e del servizio idrico integrato.

L’assessore al Bilancio già in aula aveva dimostrato tutta la propria contrarietà (“è l’unico modo che avete per farvi notare”) contro l’esibizione delle pettorine da parte dei referendari e anche ora non perde l’occasione per punzecchiare i “cari amici del comitato acqua pubblica”, che “avete dimostrato di saper urlare, di sapervi vestire in maniera sgargiante, di saper fare resistenza passiva ad un poliziotto che – in osservanza delle regole – vi porta via per consentire il regolare svolgimento del consiglio comunale”.

Fin qui la premessa. “Ora mi chiedo: sapete anche rispondere nel merito ai problemi che voi stessi sollevate?”. Ecco allora le domande che il “professore” pone ai referendari: sei punti interrogativi; due a carattere giuridico, due a carattere economico, due a carattere politico.

Veniamo alla prima. Sulla richiesta di scrivere nello Statuto che il servizio idrico integrato è privo di rilevanza economica, Marattin fa notare che “nel 2010 la Regione Marche lo ha fatto (art.40, comma 2, legge regionale 16/2010), e il 15 giugno scorso la Corte Costituzionale (con sentenza n.187) ha dichiarato incostituzionale tale decisione, affermando inequivocabilmente che il servizio idrico ha rilevanza economica. Lo sapevate che quello che voi chiedete in Comune a Ferrara è stato già dichiarato incostituzionale?”.

Quanto all’abolizione della remunerazione del capitale, il relativo referendum non tocca l’art.117 del Testo Unico degli Enti Locali, “che specifica tra i criteri per il calcolo della tariffa l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato. Cosa pensate al riguardo?”.

Dal diritto si passa all’economia, e sulla sua lavagnetta Marattin appunta le note sul 7% di remunerazione del capitale da abolire, che rappresenterebbe secondo i referendari un profitto ai danni della collettività. “In realtà, il metodo nazionale di calcolo della tariffa dell’acqua prevede questo: si prendono i costi sostenuti dall’azienda che gestisce il servizio idrico, e si aggiunge l’inflazione programmata più questo famoso 7% di remunerazione. Peccato però che tra questi costi non vi siano né gli interessi pagati dall’azienda per fare gli investimenti né, ad esempio, l’Irap: per una piccola azienda pubblica non solo quel 7% non è la remunerazione di un bel nulla ma, stante la situazione attuale, non copre neanche tutti i costi realmente sostenuti dall’azienda. Ne segue che se voi abolite anche quel 7%, ogni anno le aziende accumuleranno perdite ingenti che alla fine porterebbero al fallimento le aziende pubbliche. Domanda: perché volete che a gestire l’acqua siano aziende pubbliche, per poi causarne nei fatti il fallimento?”.

Il gessetto dell’assessore prosegue con la situazione regionale: “da noi, la famosa remunerazione del capitale è il tasso IRS a 15 anni (la cui media 2011 è il 3,5%) più una parte variabile decisa ogni 5 anni dalla giunta regionale (attualmente pari al 2.39%). Quindi per le aziende emiliano romagnole la situazione è ancora più grave che nel caso nazionale: o trovano il modo di finanziarsi a tassi più bassi (ad esempio emettendo obbligazioni a basso costo, come ha fatto Hera pochi mesi fa), o la tariffa non copre in realtà neanche i costi reali sostenuti per portare l’acqua a casa della gente”.

Veniamo alla politica. Chi controllerà le tariffe? Davanti a un vuoto legislativo che non permette di individuare un organo pubblico di regolamentazione, “non ritenete prioritario chiedere che venga al più presto costituita un’Autorità di Regolamentazione in grado di fissare le tariffe sulla base di un metodo nuovo che garantisca agli utenti qualità e investimenti, lasciando gestire il servizio idrico all’operatore che si dimostri migliore (pubblico, privato o misto che sia)?”.

L’ultima domanda ha il sapore dei massimi sistemi. Marattin spazia da via Diana a Mario Monti per bacchettare la richiesta di investimenti fatti interamente dal pubblico. “Secondo uno studio del Conviri, sono necessari 70 miliardi di investimenti nel servizio idrico integrato. Il nostro paese si appresta a sopportare una manovra di 50 miliardi di euro nei prossimi due anni, più almeno altri 25 che Mario Monti giudica necessari per evitare il fallimento. A questi 75 miliardi, voi vorreste aggiungerne altri 70, e per fare qualcosa che nessun italiano si accorgerà mai essere stato fatto”.

“I cittadini  infatti – prosegue l’assessore – chiedono che l’acqua sia pulita, accessibile a tutti e a basso costo, e non gli importa la composizione del capitale sociale dell’azienda che gestisce il servizio. Basta che lo gestisca bene, e controllato dal pubblico. In un momento così drammatico per la finanza pubblica del Paese, ritenete responsabile tale atteggiamento?”.

Terminata la serie di domande l’esame dello studente-comitato potrebbe ancora proseguire, visto che “tante altre cose ci sarebbero da dire (prima tra tutte, che ogni intervento sulla tariffa non può applicarsi ai contratti già sottoscritti e non è materialmente possibile procedere in assenza di un intervento legislativo che dirima le numerose questioni ancora sul tavolo)”.

Ma Marattin consegna il libretto: “ho nei confronti di molti di voi stima e rispetto, nonostante la radicale diversità di vedute. Tuttavia, lo spettacolo che avete offerto ieri in Consiglio non fa onore né a voi, né ai ruoli istituzionali che alcuni di voi hanno ricoperto. Certe sceneggiate hanno un indubbio impatto mediatico, ma governare significa risolvere i problemi della gente, ideare soluzioni concrete confrontandosi con vincoli e situazioni reali, che diventano ogni giorno più complesse”.

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