Cronaca
17 Settembre 2011
Gli avvocati di parte civile: “Dichiarazioni surreali da parte dei vertici”

Coopcostruttori, Carife era tranquilla

di Marco Zavagli | 4 min

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Alla luce di quanto avvenne dopo, gli ex vertici di Carife rifarebbero tutto. Lo afferma tranquillamente davanti ai giudici Gennaro Murolo, chiamato dalle difese Donigaglia e Ricci Maccarini come teste nel processo sul crac da oltre un miliardo di euro.

Gennaro Murolo arriva a Ferrara nel 2000 per ricoprire la carice di direttore generale. Alla direzione di corso Giovecca rimarrà fino al 2009. Seguì direttamente la pratica Costruttori e ricorda che fino al gennaio 2003 “non ci furono posizioni incagliate, nessuna banca aveva segnalato la cooperativa” alla centrale dei rischi. “Cominciano a intravedersi segnali di difficoltà – racconta– solo dopo l’ammissione alla procedura della Prodi bis (l’amministrazione straordinaria, ndr)”.

E prima? L’ex dg lascia intendere che secondo lui la Coopcostruttori si poteva salvare. Come? Con il piano Cofiri: “la cooperativa manifestava problematiche di liquidità, dovute ai ritardi con i quali le amministrazioni pubbliche pagavano le commissioni, e questo piano, ispirato da Cofiri, mirava a individuare una strategia di crescita per aiutare l’azienda a risollevarsi”.

Siamo a fine 2002 inizio 2003. Il piano incontrò il favore di Carife “e di un altro centinaio di banche”. Di qui la prognosi tecnica favorevole: 30 milioni di euro di prestito ponte di cui si sarebbero fatte carico le banche, in particolare Cofiri, Carife e Antonveneta, le più esposte”. Si diede corso a una serie di riunioni per trovare l’accordo. La penultima in ordine di tempo risale all’11 maggio 2003, presso la sede di Legacoop a Bologna. Al tavolo siedono i rappresentanti delle tre banche e delle assicurazioni Generali, che dovevano garantire il prestito. Tutti sembrano d’accordo. L’ultima vede presenti anche Donigaglia, Ricci Maccarini e Checcoli.

“Qualcosa si inceppò – riferisce oggi Murolo -, perché la Lega manifestò la volontà di una revisione in proprio del piano. Questo ci mise tutti un po’ in difficoltà, perché se era la Lega a mostrare per prima scarsa fiducia nella ripresa di Coopcostruttori, non c’era molto da sperare”. E infatti non seguirono altre riunioni.

Il fulcro dell’esame passa quindi alla situazione contabile dell’azienda e al contributo offerto dalla Cassa alla sua crescita. La pm Ombretta Volta fa notare che dal ’98 al 2003 il sostegno dell’istituto di credito si vede quintuplicato: da 11,7 a 53,7 milioni di euro. “Un aumento – replica Murolo – proporzionale sulla base della crescita di fatturato dell’azienda e del rischio per la nostra esposizione”.

“E non eravamo i soli a fare queste valutazioni” aggiunge Murolo, sostenendo che l’intero “ceto bancario” pensava che Coopcostruttori meritasse fiducia. Eppure non c’era proprio da essere tranquilli, visti gli appunti rivolti dal collegio sindacale della banca al suo cda l’8 luglio 2002 e il 29 ottobre dello stesso anno: si parla di preesistente e rimarcato problema di liquidità della cooperativa e si reputa indispensabile che la cooperativa trovi urgentemente adeguati fondi di investimento non onerosi, invitando il cda a disimpegnarsi dalla vicenda.

Si tratta di “dichiarazioni francamente surreali da parte dei massimi dirigenti di Carife dell’epoca” secondo gli avvocati di parte civile Claudio Maruzzi e Carmelo Marcello, con riferimento ai rapporti con Coopcostruttori, in particolare negli anni “caldi” che hanno preceduto l’accertamento dell’insolvenza da parte del tribunale.

“La Cassa di Risparmio di Ferrara era tranquilla, fino alla fine e il direttore generale Murolo col senno di poi rifarebbe quello che ha fatto – insistono i due legali -: gli indicatori di Coopcostruttori non erano allarmanti, appena critici dai primi mesi del 2002, ma la situazione era recuperabile, nessuna segnalazione in Crif, i fatturati registravano un forte aumento e poi le ottime performance di Carife di quegli anni garantivano abbondantemente il rischio sui nuovi, ingenti finanziamenti che Coopcostruttori chiedeva con progressione esponenziale. Quello che si era percepito era solo un problema di temporanea carenza di liquidità. Confessa Murolo che il piano Maranghi – Cofiri avrebbe consentito a Coopcostruttori di riprendere fiato, ma per molte banche (non per Carife) che facevano parte della cordata, il problema vero della cooperativa era legato al management e alle strategie d’impresa, lasciando intendere che il fallimento del piano, voluto dalla Lega e, secondo il dott. Santini, deciso da Giovanni Consorte, poteva in effetti essere legato non ad intenti “vendicativi” di Checcoli, come da sempre sostiene Donigaglia, ma a irreversibili carenze strutturali della Coopcostruttori”.

“La scelta scellerata del mondo bancario di continuare a “foraggiare” fino alla fine la cooperativa – concludono -, strutturalmente in perdita da anni, come hanno acclarato i consulenti del pubblico ministero, non ha fatto altro che perpetuare “l’eterna frode” a danno dei soci, che, ignari di tutto e suggestionati dal “teatrino” che annualmente veniva allestito nell’ambito delle assemblee di bilancio, hanno continuato e versare fiumi di denaro, che mai più hanno visto”.

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