Nel 2010 sui campi dell’Emilia Romagna gli storni hanno provocato danni per 198 mila euro (oltre 10.000 quelli riconosciuti nella nostra provincia), il 10,2% del totale dei danni da animali selvatici che sono stati pari complessivamente a oltre 1,9 milioni di euro. Lo rende noto Coldiretti che ha recentemente sottoscritto con altre organizzazioni dell’agricoltura e della caccia un documento perché vengano emanate celermente le direttive nazionali che consentono la caccia in deroga a questo animale dannoso quanto le cavallette.
Con l’anticipo della maturazione di frutta e uva cresce la necessità di limitare i danni provocati dallo storno. Il problema della caccia a questo volatile – spiega ancora Coldiretti – scaturisce da un direttiva comunitaria che lo inserisce tra le specie in estinzione in alcune parti d’Europa. E’ un provvedimento che comprende anche l’Italia, dove però lo storno non solo non è a rischio, ma è in costante crescita, al punto da minacciare la biodiversità, proprio a causa dei danni ambientali che sta provocando. Tra l’altro questo volatile – afferma Coldiretti – colpisce in particolare colture ad alto valore aggiunto e ad alta manodopera, come i frutteti e vigneti, mettendo a rischio il reddito delle imprese e l’occupazione.
Le imprese agricole sono penalizzate da due fattori: il primo è la difficoltà di contenere la sempre più rapida diffusione di questi uccelli, che si contano ormai in termini di milioni di esemplari; il secondo è la difficoltà ad ottenere i risarcimenti dagli enti pubblici, che hanno ancora tempi lunghi. Il tutto aggravato dal fatto che l’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale non è in grado di fornire elementi e numeri fondamentali per la caccia in deroga. Lo dimostra il fatto che lo stesso Istituto si è contraddetto palesemente affermando, a febbraio, che il numero degli storni in Italia è tale da consentire il prelievo, negando però, a luglio, la deroga se non a condizioni che di fatto ne impediscono il prelievo stesso. Il risultato è che l’Italia è l’unico tra i Paesi mediterranei dove non è ammessa la caccia a questo dannoso uccello.
Questo avviene anche perché manca una presa di coscienza chiara delle istituzioni, dei cacciatori e degli ambientalisti, della necessità di affrontare concretamente il problema dei danni alle colture agricole. L’attuale situazione – sostiene Coldiretti – è paradossale perché se è vero che mantenere sul territorio un numero di animali adeguatamente sostenibile è interesse di tutta la collettività, è altrettanto vero che il loro sostentamento pesa oggi solo sulle aziende agricole che ne subiscono i danni in termini di colture distrutte e di redditi azzerati.
“Non è possibile – ha detto il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello – che l’imprenditore agricolo si accolli tutti i costi delle perdite aziendali. Se la fauna selvatica è un bene per tutta la collettività non può essere un costo che pesa solo sulle spalle degli agricoltori”.
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