Remus Constantin e Rujita “Dana” Iroftei
Sette anni per aver costretto tre giovani donne a prostituirsi. Si conclude con una seconda condanna il processo contro una coppia di rumeni arrestato nell’agosto del 2010 dalla squadra mobile di Ferrara.
Dopo la condanna in rito abbreviato del compagno, Constantin Remus, 36 anni, ieri è stata la volta di Rujita “Dana” Iroftei, 34.
Le indagini partirono dopo che una di loro riuscì a fuggire (vai all’articolo). Nonostante non parlasse l’italiano, riuscì a chiedere aiuto ad un passante e trovò rifugio presso una stazione della polizia ferroviaria. Il personale la soccorse e la accompagnò in questura, dove denunciò i suoi aguzzini. Ai poliziotti tratteggiò una condizione di grave sfruttamento, partito fin dal suo ingresso in Italia insieme alla coppia. Una volta giunta a Ferrara, la giovane era stata privata del passaporto e ricattata: era costretta a prostituirsi perché “indebitata”. Doveva saldare un debito di 500 euro, per le spese del passaporto e del viaggio. Per questo finì in strada. Ma il debito, invece di diminuire nel tempo, cresceva: doveva versare una quota giornaliera di 50 euro per il “posto strada” e, di giorno in giorno, veniva accusata di avere pochi clienti e per questo “multata” per decine, centinaia di euro. Le “sanzioni” arrivavano, senza troppe spiegazioni, fino a 2mila euro.
Nel corso di un mese di attività, la ragazza era riuscita a mettere da parte, per se stessa, appena 60 euro. Constantin e Iroftei arrivavano infatti persino a perquisirla, per verificare se nascondesse denaro.
Come dimora le ragazze sfruttate vivevano in un casolare di via Padova, di fronte al campo sportivo di Pontelagoscuro (all’incrocio con via delle Bonifiche, presso il centro Il diamante). Un tugurio fatiscente con topi, rifiuti ed escrementi.
Eppure ieri, sentite in aula, due delle tre ragazze hanno ritrattato, dicendo di essere state costrette a denunciare “Dana” dai poliziotti. Mesi fa, però, in incidente probatorio, la terza ragazza confermò le accuse.
Al termine della sua requisitoria ieri il pm Nicola Proto ha chiesto nove anni. Il tribunale collegiale (Matellini, Rizzieri e Attinà) ha comminato invece la pur considerevole pena di sette anni.
Troppi comunque secondo l’avvocato della difesa, Gennaro Lupo del foro di Bologna. “Faremo sicuramente appello – anticipa -, anche in considerazione della disparità di ‘trattamento’ tra Remus, il vero colpevole, l’artefice unico, e la mia cliente, che invece ebbe l’unica colpa di non denunciare il marito, di cui innamorata”.
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