Cronaca
3 Dicembre 2022
Dopo la sentenza della Corte d'Appello che ha condannato la Germania a pagare 100mila euro per i danni commessi contro un partigiano di Berra, la battaglia del figlio e dell'avvocato Anselmo arriva alla Corte Costituzionale dopo lo stop del governo ai pignoramenti dei beni tedeschi in Italia

Va alla Consulta la battaglia degli eredi di un ferrarese e di Anselmo per ottenere i danni di guerra dalla Germania

di Redazione | 3 min

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Fabio Anselmo

Fabio Anselmo

Una ferita che va avanti dal novembre del 1944, quando nel periodo immediatamente post-bellico la Germania si rese responsabile di crimini di guerra nei confronti degli italiani ai loro occhi traditori e li internò disumanamente, potrebbe nel – relativamente – breve periodo chiudersi definitivamente con un risarcimento da parte della Repubblica Federale, eseguito però con il pignoramento dei beni immobiliari dello Stato tedesco a Roma. Ovvero il Goethe Institut, la scuola germanica, l’istituto Storico Germanico e l’istituto Archeologico Germanico.

La storia, che parte da Berra e si dipana per le aule di tribunale della penisola con l’interessamento dell’avvocato Fabio Anselmo, ha come protagonisti gli eredi di Gualberto Cavallina, partigiano catturato dai nazisti nel novembre del ’44 e deportato facendo il giro dei campi di concentramento tedeschi con la matricola 40140 fino alla liberazione avvenuta alla fine di giugno del 1945, a guerra finita.

Il figlio Diego Cavallina, quindi, intraprende la battaglia legali per vedersi riconosciuto il danno ed essere risarcito, almeno simbolicamente, dopo che a fine 2015 la Corte Costituzionale riconosce il diritto delle vittime di chiedere il ristoro dei danni subiti per crimini di guerra e contro l’umanità. Lì l’unione con l’avvocato Anselmo e la presentazione del ricorso presso tribunale civile di Roma.

Il processo ha bisogno di anni per vedere la vittoria di Cavallina, che però dopo una prima sconfitta (con il ministero degli Esteri costituitosi come parte civile sposando le ragioni della Germania nella loro interpretazione del diritto internazionale recepito anche dalle norme italiane con trattati bilaterali che ‘scusano’ la Germania stante il versamento delle riparazioni di guerra) diventa vincitore in Corte d’Appello a Roma nel 2020: il secondo grado condanna la Germania a 100mila euro di risarcimento più le spese accessorie.

Con lui, in casi simili a questo, ci sono anche i familiari di un altro deportato, Giorgio Angelantonio, e un’amministrazione locale greca. Il 30 aprile 2022 però, il governo (all’epoca presieduto da Mario Draghi), presenta un decreto legge che salva la Repubblica Federale dai pignoramenti necessari per gli indennizzi impedendo l’avvio di nuove procedure esecutive ed estinguendo quelle già avviate. In cambio viene istituito un fondo di 20 milioni di euro per le famiglie che hanno avuto parenti uccisi dai nazisti dal settembre del ’39 all’8 maggio del 1945.

Non abbastanza per le famiglie e, anche, per il giudice delle esecuzioni della quarta sezione civile, Miriam Iappelli, che invece nota come il decreto “pacificamente rilevante nel procedimento in esame” possa essere incostituzionale e ne solleva il dubbio alla Consulta.

“Appare violato il diritto di insopprimibile garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti, che è intimamente connesso con lo stesso principio di democrazia”, scrive infatti la giudice nelle motivazioni della decisione, ed inoltre “il diritto del creditore a soddisfarsi in sede esecutiva costituisce componente essenziale del diritto di accesso al giudice” in quando fattore complementare alla tutela giurisidizionale e quindi anche “la fase di esecuzione coattiva delle decisioni di giustizia deve ritenersi costituzionalmente necessaria”.

Ecco quindi che il giudice delle esecuzioni riditene che il decreto “sia in contrasto con gli articoli 2 e 24 della Costituzione perché nega sine die il diritto di una categoria specifica di creditori di accedere al giudice esecutivo al fine di rendere effettiva l’attuazione del provvedimento del giudice ottenuto in sede di cognizione in caso di inadempimento spontaneo da parte del debitore”. Inoltre, per il giudice esecutivo, la norma avrebbe creato una fattispecie di singolarità esentando solo la Germania, e non gli altri Paesi, dagli effetti forzosi delle condanne, e per questo l’istituzione del fondo non è né ristoro né garanzia sufficiente per i parenti coinvolti in quanto il testo prevede “l’estinzione automatica della procedura (di esecuzione, ndr) nonché la soppressione del diritto di agire esecutivamente in futuro”.

Gli asset immobiliari della Repubblica Federale Tedesca rientrano quindi in gioco per il diritto mentre, almeno temporaneamente, il processo di pignoramento viene sospeso. Ora dovranno decidere gli ermellini della Corte Costituzionale che scriveranno, probabilmente, l’ultima parola del diritto sulla vicenda.

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