
Le ceramiche e i resti trovati nel butto del XVI secolo
Si chiude – con una nuova scoperta risalente al XVI secolo – la prima (delle tre previste) campagna di scavi alla scoperta dei resti dell’antica delizia estense di Belfiore, distrutta da un incendio nel 1632.
La residenza monumentale estense – nota per aver ospitato il celebre studiolo di Leonello d’Este – era localizzata tra le attuali vie Orlando Furioso e Giacomo Leopardi. Sono stati circa un centinaio gli studenti – dei licei Roiti e Ariosto – e i volontari del Gruppo Archeologico Ferrarese che – guidati dagli archeologi professionisti – hanno partecipato ai lavori, in queste prime cinque settimane di campagna, trovando diversi reperti e, da ultimo, un ‘butto’ – cioè uno scarico di oggetti (ceramiche, vetri, metalli) e resti di pasto – all’interno di una buca scavata nel terreno e oggi a circa un metro e mezzo di profondità. Un ritrovamento utilissimo per l’analisi storica e che ha fatto emergere: stoviglie, frammenti di calici del Cinquecento, di ceramiche smaltate finemente decorate e forse di lavorazione faentina, di vetri, pezzi di ceramiche graffite.
Nella stessa vasca sono venuti in luce anche resti di cibo (pesci, ostriche, pollame), che consentiranno di dettagliare ulteriormente le conoscenze sulla quotidianità e sulle usanze ‘gastronomiche’ del tempo. Reperti che si aggiungono agli altri ritrovamenti emersi già dalle fasi d’avvio del cantiere, tra cui: porzioni di pavimenti e di muro anneriti dalle fiamme, di coppi, di basi di colonne, frammenti di intonaci, elementi con decorazioni marmorizzate, alcune monete, di cui una anche dell’epoca di Leonello d’Este.
“Già alla prima campagna di scavi il bilancio va oltre ogni più rosea previsione”, dice la dottoressa Chiara Guarnieri, coordinatrice del progetto e del team di archeologi composto da Flavia Amato, Maurizio Molinari e Marco Bruni. “Abbiamo infatti individuato – spiega – reperti che ci hanno consentito di acquisire con chiarezza nuove informazioni utili, legate a eventi storici ben definiti e materiali che aprono a ulteriori prospettive di scoperta”.
In queste prime settimane di progetto gli studenti dell’Ariosto hanno operato sul campo, mentre i giovani del liceo Roiti hanno pulito, mappato e catalogato (un lavoro che continuerà oltre la prima fase di scavo) i reperti. La prossima campagna (“contiamo di aprirla a primavera 2023”) li vedrà impegnati a ruoli invertiti, così tutti faranno esperienza dell’intero ciclo di un lavoro archeologico. Ora l’area scavata sarà ricoperta di terra – a protezione anche delle strutture sotterranee trovate – e dalla prossima primavera, partendo dalle conoscenze acquisite, si individueranno nuove zone da indagare. Nel frattempo – come spiega Guarnieri – sono in corso di calendarizzazione incontri con i cittadini per raccontare quanto scoperto e i prossimi step di intervento. Gli studenti, parallelamente, approfondiranno in classe il lavoro svolto, collaboreranno alla redazione di un documento finale e a un progetto divulgativo. A tutti il sindaco Alan Fabbri esprime le proprie “vivissime congratulazioni e il ringraziamento per il lavoro svolto”.
“Crediamo tantissimo nelle potenzialità di questo progetto, unico nel suo genere e meritevole di essere ‘esportato’ – dice -. Un progetto – precisa il primo cittadino – che unisce la formazione sul campo, lo studio e l’impegno per la ricerca storica, la valorizzazione del nostro passato, l’acquisizione di nuove competenze, la socialità, alla bellezza della scoperta e all’utilità di un lavoro che sta ampliando il campo della conoscenza relativo a una delizia scomparsa e a chi la abitava”.
Il progetto “Che Delizia Belfiore!” è stato inaugurato dal primo cittadino il 20 ottobre, nasce per iniziativa della soprintendenza – rappresentata dalla dottoressa Chiara Guarnieri – con il contributo (triennale) del Comune di Ferrara, che a tal fine ha già stanziato 37.500 euro. Partecipano inoltre la Provincia di Ferrara, che garantisce le autorizzazioni agli scavi su suolo di proprietà e il proprio patrocinio, e il Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, che ha realizzato le recinzioni dell’area.
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