Si è conclusa da pochi giorni la prima campagna di scavo presso il sito di Via Appia Antica n. 39, nel cuore del Parco Archeologico e del Parco Regionale dell’Appia Antica a pochi passi dal Sepolcro di Geta.
L’equipe di ricerca dell’Università degli Studi di Ferrara, sotto la direzione scientifica della prof.ssa Rachele Dubbini, riflette sui primi dati scientifici emersi, con lo sguardo già rivolto agli obiettivi futuri.
Il cantiere archeologico, aperto in regime di concessione del Ministero della Cultura – Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, ha interessato un’area posta a poche centinaia di metri fuori le Mura Aureliane. Lo spazio in cui l’Appia Antica supera la valle dell’Almone rappresentava il confine della città di Roma e questo suo carattere critico, di passaggio, si riflette nella carica che quest’area acquisisce in ambito religioso, dalla ninfa Egeria, al santuario di Marte Gradivo, all’incontro di San Pietro con Cristo.
La prima campagna di scavo, conclusasi lo scorso 7 ottobre, è stata dedicata essenzialmente alla riscoperta delle architetture antiche presenti sul sito, ma si è raggiunto l’obiettivo di restituire il sito alla comunità tramite un progetto culturale che andrà sviluppato negli anni.
“Dopo 7 anni dalla pubblicazione dello studio sul paesaggio antico della valle dell’Almone è stato finalmente possibile aprire non solo uno scavo archeologico ma un laboratorio in cui sperimentare nuove metodologie della ricerca archeologica e rappresentare, per questo luogo così critico una scintilla del cambiamento” esordisce Dubbini, titolare della cattedra di Archeologia classica dell’Università di Ferrara, che sottolinea come questo risultato sia stato raggiunto “attraverso una forte sinergia tra Università degli studi di Ferrara e le Istituzioni presenti sul territorio, il Ministero della Cultura, l’Ente Parco Regionale Appia Antica e il Comune di Roma, senza dimenticare il contributo fondamentale dei cittadini, delle associazioni e dei comitati presenti nell’area, come il Comitato per il Parco della Caffarella”.
Un primo bilancio dei risultati ottenuti è delineato dal dott. Fabio Turchetta, direttore di scavo: “A poco più di un metro di profondità dal piano di calpestio moderno, sono state intercettate le murature di un ampio complesso funerario. Oltre a queste, molto interessante risulta essere un colombario in opera laterizia di eccezionale fattura, costituito da due vani intonacati e contraddistinti da nicchie a pianta circolare e quadrangolare, ognuna delle quali ospita due coppie di urne cinerarie inserite direttamente nelle murature, per un totale complessivo di 22 olle fittili”.
Il complesso funerario nel suo insieme potrebbe, secondo Turchetta, coprire verosimilmente un arco cronologico compreso tra la prima e la media età imperiale. In età tarda, legate all’abbandono e alla conseguente perdita di utilizzo dei colombari, si possono invece collocare alcune tombe a inumazione realizzate in uno spazio esterno agli edifici.
Con l’intenzione, infine, di incentivare l’archeologia partecipata divulgando i risultati dello scavo, avvicinando la cittadinanza a questa nuova realtà culturale e, in senso più ampio, creando un processo di sensibilizzazione nei confronti del paesaggio storico-archeologico del II miglio dell’Appia Antica, è nato il ciclo di visite “PASS. Paesaggi e passaggi al II miglio dell’Appia Antica”. Sono stati quasi 300 i partecipanti alle giornate di apertura del cantiere, tutte gratuite e rivolte sia agli adulti che agli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado.
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