Attualità
17 Ottobre 2022
Il professore di urbanistica di Unife Romeo Farinella interviene sulla “mobilità sostenibile”

Terza corsia per l’A13 e Cispadana? Meglio allargare la ztl

di Redazione | 5 min

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di Romeo Farinella*

La Pianura Padana e Ferrara sono uno dei luoghi più inquinati d’Italia, per quanto riguarda le polveri sottili e il biossido d’azoto, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene che a livello globale l’inquinamento dell’aria sia una delle maggiori cause di decessi prematuri causati da problemi respiratori o cardiocircolatori.

Le cause sono la forte industrializzazione, la diffusa urbanizzazione e le caratteristiche geomorfologiche del territorio. Numerose ricerche in questi decenni hanno dimostrato che il problema può essere affrontato da più fronti ma il principale è legato al potenziamento della “mobilità sostenibile”.

Ma cosa intendiamo con questa espressione? Qui casca l’asino, non è certo sufficiente piantare alberi lungo strade, attraversate continuamente da automobili a benzina e gasolio, per risolvere il problema.

Bisogna partire da mobilità a zero emissioni facendo divenire la pianura Padana (e dunque anche Ferrara) una priorità nazionale. Se vogliamo raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione entro il 2050, per il 2030 dovremmo avere una mobilità urbana a zero emissioni. Una priorità nazionale non la si affronta con misure tampone ma con capacità di visione a lungo termine, fondata sulla conoscenza e consapevolezza della gravità dei problemi.

La mobilità è uno degli aspetti strutturali della sostenibilità e dovrebbe esserlo di un processo orientato alla transizione ecologica. Certo la ricerca per l’alimentazione delle nostre automobili e mezzi pesanti in futuro con elettricità e idrogeno verde è importante ma ad oggi non è possibile valutare i tempi della transizione, si parla del 24% al 2030.

L’idrogeno verde ottenuto da fonti rinnovabili è l’unica strada perseguibile e potrà alimentare i trasporti pesanti (dai camion, ai treni alle navi) mentre le automobili dovranno essere alimentate da elettricità ottenuta da fonti rinnovabili; gli idrocarburi devono restare dove sono nel sottosuolo anche se le grandi aziende energetiche dispongono di una quantità di gas naturale e metano e quindi spingono per l’idrogeno blu (classica operazione di greenwashing).

Ma il problema non è solo energetico, riguarda anche come sono organizzate le nostre città, al proprio interno e tra di loro.

Ferrara ha un PUMS che prevede ad esempio la città dentro le mura come zona 30 e ztl ma oggi alcuni assi storici sono diventati assi di scorrimento veloce. Cito i tre che normalmente frequento. Corso Isonzo è ormai una strada a scorrimento veloce che a volte di notte si trasforma in percorso per gare di velocità per auto e moto.

Non si capisce perché non venga trasformata subito in zona 30 (basta un atto amministrativo) in attesa di essere ridisegnata come strada urbana, trasformandola in ztl (senza quindi la ricerca continua, quotidiana, di un parcheggio libero a discapito dei residenti) e in un vero boulevard, visto che ne ha le caratteristiche, allargando i marciapiedi, predisponendo le piste ciclabili, precondizioni per il rilancio del commercio di prossimità (vedi città dei 15 minuti) e privilegiando sensi unici di marcia.

Analoghe considerazioni potremmo farle per via XX Settembre e via Carlo Mayr. Gli assi pedonali andrebbero fortemente rimarcati, dando priorità al pedone, per evitare i conflitti che troviamo nelle intersezioni tra Corso Isonzo e l’asse Garibaldi-Cassoli o Carlo Mayr-Via Cammello o ancora nel quadrivio dove confluisce Via XX Settembre.

Colpisce la totale mancanza di riflessioni sulle potenzialità e sul futuro di un trasporto pubblico integrato con quello ciclabile. Non mancano le dichiarazioni di principio, manca la prospettiva di pratiche concrete. Il dibattito sul tram è totalmente assente e Ferrara avrebbe alcuni assi strategici per collegare centro e periferia, parcheggi scambiatori lontani dalle mura e centro storico. Tale riflessione andrebbe ovviamente allargata ad altre parti della città.

Ferrara e Bologna sono un corridoio strategico metropolitano potenziale vista l’intensità della mobilità fra le città, ma tale potenzialità non è riconosciuta in nessun documento strategico, o se riconosciuta è dormiente.

La legge del 2014 che disciplina la formazione delle città metropolitane italiane le identifica con il territorio delle ex province quindi la città metropolitana di Bologna è la sua vecchia provincia. Ciò dimostra che i promulgatori di questa legge non avevano capito nulla della natura delle dinamiche urbane di questo paese interessato da intensi processi di urbanizzazione che superano i limiti amministrativi.

Se Bologna e Ferrara costituissero un corridoio metropolitano (ma anche l’asse Ferrara-Bologna-Modena) bisognerebbe investire in sistemi di trasporto metropolitano, come solo le RER parigine, autonome rispetto alla rete ferroviaria, come stanno facendo in Inghilterra Oxford-Milton Keynes-Cambridge, che si stanno organizzando come corridoio metropolitano. Questo assocerebbe il movimento tra le due città al trasporto pubblico urbano continuo, giornaliero e serale, lavorando sulla tariffazione unica, a cui associare anche il parcheggio scambiatore.

E invece nell’epoca della “transizione ecologica” di cosa si parla e cosa si legge sulla stampa? Della terza corsia dell’autostrada A13 (Bologna-Padova) e dell’autostrada Cispadana, ovvero del rafforzamento del trasporto individuale e meccanico che è una delle cause principali dell’inquinamento di cui abbiamo parlato all’inizio.

Per quanto riguarda il trasporto delle merci un discorso serio e strutturale andrebbe fatto su logistica e intermodalità, incentrato sul loro trasporto attraverso la ferrovia. Questi dibattiti attraversano il nostro paese da decenni, senza che nessuno si sia assunto la responsabilità di una scelta diversa. Oggi tutto viene dichiarato green ma le pratiche reali lo sconfessano, questo non significa che non si debba continuare a sollecitare chi governa i territori.

 

*professore di Urbanistica del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, dove dirige il CITERlab, un laboratorio di ricerca che opera nel campo della progettazione urbana e territoriale

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