Eventi e cultura
16 Ottobre 2022
Con “The Tree” continua il festival di danza contemporanea della Fondazione Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara.

Carolyn Carlson danza l’armonia del tutto

di Redazione | 3 min

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(foto di Frédéric Iovino)

di Federica Pezzoli

Continua il festival di danza contemporanea della Fondazione Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara. Il 14 ottobre sul palcoscenico ferrarese è tornata una delle icone dell’arte coreutica del Novecento: Carolyn Carlson, con la sua ultima creazione ‘The Tree’, che dopo ‘Eau’, ‘Pneuma’ e ‘Now’ chiude il ciclo delle coreografie ispirate a Gaston Bachelard, filosofo della scienza francese.

La danzatrice e coreografa di origini californiane, ma che si definisce una nomade, non è nuova alla trasposizione in danza delle suggestioni datele da grandi pensatori del secolo (ormai) scorso: l’ultima volta a Ferrara, infatti, era stata la prima nazionale dell’ottobre del 2019, con una rielaborazione della sua pièce “Synchronicity” del 2012, ispirata al pensiero di Carl Jung.

Quest’anno l’icona della danza mondiale decide di portare sul palco estense, di nuovo in prima nazionale, il suo nuovo lavoro basato su “Des Fragments d’une poétique du feu”, opera letteraria del filosofo epistemologo francese Gaston Bachelard, uscita postuma nel 1988.

“The Tree” è una riflessione poetica sull’umanità e sulla natura e sui loro rapporti. Al termine ‘coreografia’, Carolyn Carlson preferisce ‘poesia visiva’ per descrivere il suo lavoro: le sue opere sono manifesti danzati che testimoniano il suo pensiero poetico, la ricerca di una forma d’arte completa, totale, in cui il movimento occupa un posto privilegiato, ma dialoga con altre forme di espressione. E in “The Tree” il linguaggio coreutico di Carlson dialoga con quello dell’artista visivo Gao Xingjian, che sublima a sua volta le scene con i suoi dipinti astratti realizzati con la china, e le musiche di Aleksi Aubry-Carlson, René Aubry, Maarja Nuut, K. Friedrich Abel.

Insieme creano le atmosfere al contempo rarefatte e materiche nelle quali si muovono i nove magnifici interpreti della Carolyn Carlson Company: Chinatsu Kosakatani, Juha Marsalo, Céline Maufroid, Riccardo Meneghini, Isida Micani, Yutaka Nakata, Alexis Ochin, Sara Orselli, Sara Simeoni.
Ognuno in grado di interpretare la visione onirica di Carlson con rigore, ma anche con grande personalità.

Secondo Carlson “Non siamo estranei all’Universo; così come i cambiamenti delle stagioni governano ogni creazione, noi siamo semi che si evolvono in cicli, nel ritmo”. Un lavoro composito nel quale viaggiamo fra una scena e l’altra, da un racconto a un altro, da una ricerca a un’altra. Tra i momenti più suggestivi, la danza delle cinque interpreti, che vestite di bianco e con i lunghi capelli sciolti ci trasportano ai tempi delle danze delle sacerdotesse per propiziare la profezia della divinità.

Fra zoccoli di cavalli, fronde di alberi che cadono, lo scrosciare della pioggia, il crepitio di una fiamma, è come se Carlson ci portasse in un sogno ad occhi aperti sotto a un albero, quello del titolo, e intorno a un fuoco per raccontarci di leggende e storie nate insieme all’umanità, per riconnetterci a emozioni ed istinti dei quali non abbiamo più memoria, sepolti nel nostro profondo.

“I nove interpreti – spiega la coreografa – rappresentano gli istinti primari da cui ci siamo allontanati: la consapevolezza senza tempo dell’armonia
incessante nel vuoto lasciato dai nostri sospiri, i fuochi interiori che alimentano e consumano l’anima umana, la fiamma universale dell’amore. Siamo intimamente e universalmente legati alla natura e agli elementi, siamo gli alberi, il vento, l’acqua, la terra, l’aria, le stelle, il fuoco, la cenere… Siamo l’armonia del tutto”.

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