Politica
9 Ottobre 2022
L'ex vicesindaco di Ferrara, oggi presidente di Arci, ‘boccia’ l'idea del ticket con visione emiliano-romognolo-centrica: “Qui funziona, ma territori hanno esigenze diverse”

Il futuro del Pd. Maisto: “Bonaccini-Schlein? Modello non esportabile”

di Redazione | 3 min

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Massimo Maisto (foto Agenzia Dire)

Funziona dove è nato, ma pensare che funzioni ovunque non è una buona idea. Massimo Maisto, ex vicesindaco di Ferrara e oggi presidente regionale dell’Arci, ‘boccia’ l’idea di mettere alla guida del Partito Democratico il duo Bonaccini-Schlein.

Lo fa, Maisto, in un’intervista rilasciata all’agenzia Dire. “Noi vediamo che funziona bene, ma non è immediatamente trasportabile” a livello nazionale, dice l’ex amministratore estense, che pure riconosce qualità nel presidente e nella vice della Regione: “Sono due tra le persone con le quali abbiamo lavorato di più, insieme a tanti altri assessori, nel periodo della pandemia”. Il punto è, però, che “non siamo emiliano-romagnolo-centrici. Bisogna essere molto attenti alle esigenze che hanno i territori. Si parla tanto del nord est produttivo ma anche del sud, sul quale la soluzione per i giovani non può essere quella di venire ad abitare a Bologna o andare al nord, quindi chiunque sia leader dei diversi partiti deve fare una campagna di ascolto a 360 gradi”.

Situazione che secondo Maisto agli aspiranti leader è ben presente, come lo è all’Arci, dove “un quarto del tesseramento nazionale” è in Emilia-Romagna e che ha in 65 anni visto un’espansione nelle altre regioni, ma “la crescita degli altri territori non avviene se esporti un modello che qua ha più di 100 anni, perché poi noi nasciamo dalle case del popolo, dai sindacati, dal mutuo soccorso e quindi non te lo inventi. Però ripeto: sono sicuro che chiunque sia leader abbia ben presente che l’Italia è molto diversificata”.

Maisto non vuole entrare a gamba tesa nel dibattito interno al Pd dopo la caduta alle elezioni del 25 settembre, però ritiene che la realtà che oggi presiede possa aiutare quanto meno allo sviluppo di un dialogo: “Abbiamo alcuni valori che non si riconoscono nella destra, ma che a volte anche a sinistra non sempre sono stati riconosciuti, quindi riteniamo ci debba essere una sinistra che su alcuni temi, che vanno dalla pace alle differenze economiche, dalla redistribuzione della ricchezza ai diritti civili, dica parole molto ferme e molto chiare. Noi siamo a disposizione e le nostre sedi sono aperte, non per iniziative di partito, ma se si vuole ricominciare insieme, perché facciamo fatica anche noi come tutti, a fare assemblee aperte, momenti di dialogo, ascolto dei cittadini che non votano e non si sentono ascoltati”.

Magari anche per trovare uno o più antidoti all’astensionismo, che sta diventando sempre più la cifra della democrazia italiana. “È una disaffezione pericolosa, che vediamo anche in altri Paesi dell’occidente, dove forse però è più tradizionalmente accettata – sostiene Maisto -. Da noi il rischio è che un’intera parte non si senta più di partecipare e quando magari torna alle urne, vota per la proposta più populista. Ma non siamo neanche convinti che questo gridare al populismo sia una cosa utile, a volte problemi veri vengono liquidati come populismo ma in realtà ci sono, bisogna andarli a vedere e poi capire quali sono le soluzioni più o meno credibili”.

Il prossimo esecutivo, dice Maisto, sarà “il più a destra della storia della Repubblica, siamo preoccupati a 360 gradi, noi che siamo antifascisti, pacifisti, per l’inclusione e per i diritti civili. Difenderemo e tuteleremo i nostri spazi”.

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