di Lucia Bianchini
Sembra venire da un’altra epoca ma è al tempo stesso attualissimo il docu-film ‘La cosa’ di Nanni Moretti, la cui proiezione alla sala Estense, in versione restaurata dalla Cineteca di Bologna, ha fatto da anteprima al festival Internazionale a Ferrara nella serata di giovedì 29 settembre. A introdurre la visione Gian Luca Farinelli della Cineteca di Bologna e Gaetano Sateriale, ex sindaco di Ferrara, politico e sindacalista.
“Per me è un documento eccezionale – spiega Farinelli- perchè sembra girato in un altro paese duemila anni fa, dove la politica è importante e centinaia di migliaia di persone ne discutono, ed è una delle rarissime volta in cui è la discussione delle politica a essere l’oggetto del film”.
‘La cosa’ è infatti una ripresa di 60 minuti, senza nessun commento e in cui il regista Nanni Moretti non compare mai, di una lunga carrellata di militanti del Partito Comunista nel 1990, di diverse sezioni di tutta Italia, che durante le discussioni riportano i loro dubbi e pensieri subito dopo la proposta di trasformarlo in un nuovo soggetto politico, abbandonandone nome e simboli.
“Il film è del 1990 – prosegue Farinelli -, Moretti aveva 36 anni, la svolta della Bolognina lo colpisce molto e va nelle sedi dove si dibatte, facendo qualcosa di unico. Non si mette mai in scena, si vedono poche figure note del partito, il 95% non sono i leader che raccontano la svolta, non è un telegiornale, ma una sfilata di personaggi che non conosciamo e assistiamo al dibattito dentro le sezioni, da nord a sud, Nanni percorre tutta l’Italia con la sua troupe”.
Ad inquadrare il momento storico e quello che lo seguirà è invece Gaetano Sateriale: “Se toglieste la parola ‘comunista’ e ci metteste qualche altra sigla, se ci fossero ancora le sezioni, la discussione del film sembrerebbe fatta lunedì sera. Ci sono alcune domande che sono attuali: si deve partire dal nome? Dalla sostanza? Da ciò che vogliamo fare? Dalla forma partito? Cambiamo il segretario?. Quello raccontato è stato uno shock accaduto improvvisamente ad un partito molto più organizzato e strutturato di quelli che conosciamo oggi: improvvisamente, il giorno in cui si celebra la battaglia di Porta Lame a Bologna, Occhetto entra e afferma che si deve rifare il partito”.
“Nessuno – aggiunge – se lo aspettava, e la reazione è stata enorme, su tutte le sezioni d’Italia, scatenando discussioni di grandissima concretezza, con due punti di vista differenti, comprensibili e compatibili, però alternativi: c’è chi dice che siamo socialdemocratici da molto tempo, e non comprende di cosa si stesse parlando, anche prima il partito comunista italiano aveva delle sue originalità, quindi qualche militante sostiene che non si debba cambiare la sostanza, da sempre diversa da quella russa. Qualcuno invece rivendica la storia e il dna del Pci, e un militante dice addirittura ‘E a quelli morti in difesa del Pci cosa si racconta?'”.
“Non esce alcuna sintesi – prosegue Sateriale -, noi sappiamo che poi ci sono i congressi, si cambia il nome, il partito si spacca in rifondazione comunista, un po’ perché più di sinistra e non vuole essere visto come socialdemocratico e più di destra perché sono stalinisti, non vogliono accettare la novità. Sappiamo anche come va a finire: nasce un partito, con un congresso difficile in cui Occhetto rischia la minoranza, ma ce la fa, poi dopo qualche anno si cambia nome, mantenendo il gruppo dirigente, finché si arriva, e questa è una considerazione personale, alla costituzione del Partito Democratico, in cui non cambia solo il nome, ma il partito, perché si fonde la componente riformista ex Pci e quella più attenta alle problematiche sociali ex Dc. Abbiamo però visto che le due componenti restano sempre separate, e stiamo ancora discutendo”.
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