Caporalato, via al processo
Sei persone a vario titolo imputate per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di centinaia di operai nel settore agricolo
Si è aperto ieri, con l’udienza filtro, il processo per ‘caporalato’ che vede sei persone a vario titolo imputate per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di centinaia di operai nel settore agricolo, con contestata violazione delle norme in materia di retribuzioni, turni, riposo giornaliero e settimanale, igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro e, in decine di casi, anche utilizzando la minaccia come strumento di pressione. Cinque di essi devono rispondere anche di tentata truffa nei confronti dell’Ausl per un importo di oltre 2 milioni di euro.
La vicenda, finora la più grossa scoperta dagli inquirenti collegata al territorio estense e finita davanti all’autorità giudiziaria, nasce dall’inchiesta sull’incidente stradale nel quale perse la vita Lahmar El Hassan, un cittadino marocchino di 62 anni, residente in provincia di Verona: nella notte tra il 25 e il 26 novembre del 2017 il furgone sul quale viaggiava con altri 11 cittadini stranieri, tutti residenti nel veronese, si ribaltò lungo l’autostrada A13. Tutti erano lavoratori impiegati nell’emergenza per aviaria avvenuta nello stabilimento Eurovo di Codigoro.
In questo frangente, gli inquirenti coordinati dal sostituto procuratore Andrea Maggioni (in udienza al suo posto c’era la collega Lisa Busato), hanno scoperto un vasto (presunto, ovviamente) sfruttamento di manodopera di operai stranieri. A gennaio il rinvio a giudizio per tutti gli indagati: i legali rappresentanti della forlivense Cooperativa Agricola del Bidente (Elisabetta Zani, 51enne, presidente, il suo vice Gimmi Ravaglia, forlivese di 44 anni, e Ido Bezzi, 63 anni, dipendente della cooperativa) e poi Abderrahim El Absy della coop Work Alliance di Cesena, Ahmed El Alami della coop Agritalia di Verona e Lahcen Fanane della coop Veneto Service (di San Bonifacio, in provincia di Verona). Con l’esclusione di Bezzi, tuti devono anche rispondere per aver tentato di ottenere 2 milioni e 200mila euro dall’Ausl di Ferrara per un preventivo considerato gonfiato per via dell’attestazione di aver usato manodopera regolarmente assunta e retribuita e anche qualificata per il lavoro da svolgere. Pagamento che poi non si concretizzò perché intervenne prima la Guardia di Finanza insieme agli ispettori Inail.
L’Ausl è parte civile in questo processo, come lo sono 15 lavoratori e i sindacati Cgil (il primo ad attivarsi in tal senso), Cisl e Uil.
Si parte con l’escussione dei testimoni dal 1° febbraio, in un’udienza che si preannuncia lunga e impegnativa.