Recensioni
15 Settembre 2022
Tutti i candidati sono sbarcati sui social, anche quelli più imprevisti e giovani, offrendo il fianco a i peggiori dileggi da tastiera. Ma è buona politica quella dei meme?

Se la politica diventa meme

di Redazione | 3 min

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di Edoardo Righini

È evidente più che mai che la campagna elettorale italiana sia una campagna elettorale social. La presenza dei politici su ogni social network è, infatti, robusta più che mai.

Non solo per quantità, ma anche per varietà di contenuti prodotti e canali utilizzati.

Si va dalle pillole elettorali di Berlusconi alle dirette di Salvini a mezzanotte inoltrata, passando per l’apertura di un canale Tik Tok di Calenda, Renzi e Meloni (che in realtà “esplorava” la piattaforma già da tempo, ma si è cancellata e iscritta nuovamente per iniziare una nuova strategia di comunicazione a hoc).

Lo stesso segretario del PD Letta partecipa all’agone digitale utilizzando Twitter, Facebook e altri social, rilanciando la parola d’ordine della sua campagna elettorale: scegli.

Al netto dell’efficacia o meno del “concept” comunicativo, c’è da registrare un evento trascurabile, ma che racconta tanto di questa campagna elettorale.

L’impianto visivo della campagna del PD era quella di porre l’elettore davanti a una scelta: da una parte (a colori) la proposta del Partito Democratico, dall’altra (in grigio) l’alternativa, ovviamente presentata in modo negativo.

Niente di male. Se non fosse che la rete, che tutto macina e tutto divora, ha ben presto preso questa impostazione e l’ha trasformata in MEME.

Ad esempio, è stata ricondiviso un finto manifesto elettorale in cui la scelta era tra pancetta e guanciale per la carbonara. Risate, like e commenti. Fine.

Se non fosse che lo stesso Letta ha ripostato l’immagine: dunque, il politico, diventato meme, accetta questa trasformazione e anzi rilancia lo sfottò.

Questo provoca un certo cortocircuito tra politica e satira (anche spicciola).

Lo stesso è accaduto con Renzi, che per lanciare il proprio canale Tik Tok ha ripreso alcuni tormentoni che lo hanno reso meme: il famoso SHISH e il “First reaction SCIOCK!”.

È evidente l’operazione simpatia che sta dietro a questi contenuti e, per certi versi, è anche comprensibile.

Tuttavia il tema è un altro: in campagna elettorale serve davvero prestarsi alla memizzazione, ovvero alla parodia un po’ sciocca e superficiale che è una specialità del popolo della rete?

La domanda non ha una risposta giusta e sicuramente l’autoironia è una dote preziosa, specialmente in un’epoca ottusamente seriosa e permalosa in cui viviamo.

D’altro canto, la crisi della politica passa anche (ma non solo) da un certo vuoto di autorevolezza che l’intera categoria dei politici sconta.

Ecco che allora si può giocare con gli sfottò facendoli propri, ma bisogna stare attenti a non “bruciarsi” portando le persone a confondere alla lunga la parodia con l’originale

Anche perché – e qui forse sta il punto vero – non si è neanche sicuri che questo tipo di contenuti sia poi effettivamente in grado di spostare o attirare un elettore che oltre una risata si aspetta soprattutto visione, autorevolezza e proposte serie.

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