Spettacoli
11 Settembre 2022
Intervista ad Anna Gesualdi e Giovanni Trono, autori dello spettacolo di lunedì per Totem Scene Urbane

Chorea Vacui, dov’è la scena?

di Redazione | 5 min

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di Michele Govoni

Sarà la compagnia partenopea Teatringestazione la protagonista della serata di lunedì 12 settembre (inizio ore 20) della decima edizione di Totem Scene Urbane, realizzato da Teatro Nucleo. Presso il parco Tito Salmoni andrà in scena “Chorea Vacui”, progetto di teatro sperimentale nel quale il pubblico, dotato di cuffie wireless, sarà guidato in un percorso descrittivo e narrativo unico che stimolerà i sensi e la memoria degli spettatori.

Abbiamo raggiunto al telefono Anna Gesualdi e Giovanni Trono, autori dello spettacolo e fondatori, nel 2006, di Teatringestazione.

Cos’è Teatringestazione e come nasce?
Teatringestazione nasce da me (Anna Gesualdi) e Giovanni Trono informalmente nel 2006 e formalmente nel 2008, ci occupiamo di sperimentazione negli ambiti della scena. Siamo una compagnia che in maniera stabile produce progetti che accolgono artisti e studiosi di diverse discipline.

Come concepisce il teatro Teatringestazione?
Il nostro lavoro ci permette di definire il teatro in varie forme. Secondo noi il teatro è uno strumento attraverso il quale poter compiere un gesto politico, laddove per politico si intende “per la polis”. Quando ci siamo stanziati a Napoli abbiamo iniziato a lavorare nell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa dove per 9 anni abbiamo tenuto laboratori teatrali per gli internati. Questa è stata l’esperienza che ha dato forma alla nostra estetica e poetica. Da sempre abbiamo avuto un interesse nell’interrogare la forma; lo spazio del teatro è uno spazio per noi da trasfigurare, quindi da non accettare nella sua convenzione ma da interrogare ogni volta rispetto alla forma, allo spazio che formalmente invita il pubblico. In questo senso abbiamo costruito anche Chorea Vacui.

A proposito di Chorea Vacui, in cosa consiste lo spettacolo?
Chorea Vacui è l’opera più recente che abbiamo realizzato. Esso racconta la nostra metodologia di interrogazione della forma e del luogo, della scena. La domanda di fondo è: dov’è la scena?
Il pubblico è seduto comodo (elemento fondamentale) e posto di fronte ad uno spazio vuoto, delimitato da quattro piccole lucette che delimitano un rettangolo. Il pubblico indossa delle cuffie wireless e tutto lo spettacolo è in cuffia.

Quindi il pubblico ascolta tutto lo spettacolo di fronte a questo spazio vuoto. Lo spettacolo è dal vivo, quindi io (Giovanni Trono n.d.r.) sono nella mia postazione che il pubblico può vedere.
Il lavoro inizia con la descrizione geometrica di una gara di tango che poi diventa il movimento prima dell’annichilazione di due particelle che si sono generate dal vuoto, da lì in poi attraversa la nascita dell’universo per arrivare ad una parte più poetica che invita gli spettatori a domandarsi in quanti momenti della loro vita quotidiana degli universi relazionali, degli universi poetici possono generarsi, solo ponendovi attenzione.

Una delle domande alla base del lavoro è proprio il fatto che il vuoto (dal quale molto probabilmente l’universo ha avuto origine, in quanto fluttuazione del vuoto) laddove il vuoto è come uno zero matematico, inteso come numero che contiene tutti i numeri, è ciò da cui può scaturire l’universo.

Lo spettatore è invitato a interagire al 50% con il dispositivo dello spettacolo perché il testo che viene ascoltato in cuffia evoca una serie di immagini e paesaggi immaginari, attraverso una scrittura pensata apposta per l’evocazione. Lo spettatore si trova di fronte a questo punto di osservazione fisso, che è questo quadrato definito dai suoi quattro angoli, e non accade nulla nel corpo, in quanto non entra mai nessun performer ma in realtà accade la visione perché evocata dal testo, come una serie di “apparizioni”.

Gli spettatori quindi si abbandonano a questo viaggio nella lingua e grazie all’ascolto questo spazio vuoto si riempie e diventa luogo dove l’immagine viene evocata come effettivamente appare.
La domanda che ci poniamo rispetto alla forma è: dov’è la scena? Se la scena è il luogo in cui accadono le cose, queste cose che accadono e che poi effettivamente vengono viste, per quanto non ci siano, sono negli occhi degli spettatori. Quindi la domanda è: è la scena anche in altri momenti, in altre situazioni, dove effettivamente ci sono dei performer che si muovono, che agiscono? Sono gli spettatori che effettivamente vedono con i loro occhi la scena e quindi è la scena che arriva negli occhi degli spettatori? Noi abbiamo ragionato scientificamente, quindi togliamo dalla scena i performer e vediamo se ancora la scena è visibile.

Come reagisce il vostro pubblico a questo tipo di performance?
Solitamente le persone dopo lo spettacolo vengono a raccontarci che hanno visto delle cose, che hanno visto il danzatore, che hanno visto la particella. In un certo senso capita il miracolo della visione. Chorea Vacui nasce da un altro nostro lavoro che tratta i visionari della storia. In questo spettacolo indagavamo il momento della visione, quel momento in cui qualcosa è visibile soltanto agli occhi del visionario e quindi non a tutti gli altri, ma nel momento in cui il visionario lo dichiara, allora immediatamente diventa visibile a tutti.  La domanda che ci e vi poniamo è: quanta responsabilità abbiamo noi esseri umani nella fabbricazione del mondo in cui viviamo?
Come ci rapportiamo con il mondo? Lo subiamo nel suo apparirci o quanto siamo coscienti noi dell’immagine che abitiamo?

Interrogativi interessanti che costituiscono una “grammatica teatrale” innovativa alle cui risposte si potrà assistere lunedì 12 settembre a Pontelagoscuro. Un’occasione unica per entrare a contatto con le innovazioni del teatro portate sulla scena grazie al Teatro Nucleo. Tante le iniziative proposte per questa decima edizione di Totem che, fino al 13 settembre prevedono spettacoli, incontri e confronti sul mondo del teatro e non solo.

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