
Pasquale Longobucco, presidente della Camera Penale ferrarese
di Pasquale Longobucco*
Recentemente sempre di più diversi articoli di stampa riportano episodi di violenza che si consumerebbero all’interno del carcere della nostra città.
Ovviamente non si è in grado di comprendere a pieno la portata di tali episodi, né le singole cause scatenanti.
Si è tuttavia consapevoli del fatto che, per prevenire tali fenomeni, la soluzione non può essere quella di una “restrizione” generalizzata della quotidianità del detenuto.
Come penalisti – ed in quanto tali conoscitori del contesto carcerario – sappiamo anche che sovente i fenomeni di violenza all’interno delle carceri sono causati dalle sempre piu’ precarie condizioni di vita dei detenuti, e dal contesto in cui opera il personale interno.
Da tempo sosteniamo inoltre, nonostante i continui richiami della Corte Internazionale per i Diritti dell’Uomo, come le nostre carceri continuino ad essere ambienti criminogeni perché sovraffollate, fatiscenti: costantemente in violazione dei più basilari dettami costituzionali.
È noto a tutti che dove c’è illegalità si crea altra illegalità. Non è forse un caso che alcuni fenomeni di violenza in carcere si siano verificati con maggiore intensità nel periodo della pandemia??
Vale a dire, in un momento in cui si sono dovuti adottare provvedimenti per evitare il più possibile i contatti tra gli stessi detenuti e soprattutto le relazioni con quei piccoli frammenti di umanità esterna, come ad esempio i colloqui con i familiari. Noi penalisti abbiamo sempre pensato che, se si vuole fare una vera riforma carceraria, bisogna prima di tutto pensare ad una nuova idea di carcere.
Bisogna incentivare sempre più le misure alterative alla detenzione, perché la certezza della pena non è certezza del carcere. I dati statistici rilevano come la recidiva si manifesti in percentuali molto alte in soggetti che hanno scontato l’intera pena o buona parte di essa in carcere. Al contrario, una percentuale molto più bassa riguarda quei soggetti che hanno beneficiato di misure alternative alla detenzione.
Dall’inizio di quest’anno nelle carceri italiane sono stati registrati 58 casi di suicidio.
Questi dati interessano a qualcuno?
È una vera e propria epidemia per la quale sembra non volersi trovare alcun vaccino. Con una campagna elettorale già alle battute finali, ancora una volta non si può non registrare la pressoché totale assenza dal dibattito pubblico della questione carcere.
Tema, ci si rende conto, scomodo che – in un paese oramai bulimico di propaganda – non attira consensi se non quando si invoca il “tintinnar delle manette” e più carcere per tutti.
* Presidente della Camera Penale Ferrarese
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