Indiscusso
21 Agosto 2022

La città vetrina nel paese dei balocchi

di Marzia Marchi | 4 min

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Vi propongo queste foto dell’area del campo volo a sud est della città che mi sembrerebbero un posto perfetto per accogliere un evento di portata eccezionale come il previsto concerto di Bruce Springsteen nella prossima primavera.

Perfetta perchè è vicina alla connessione con l’autostrada, è utilizzata come pista di decollo di piccoli aerei e pertanto è già una sorta di brown field, ovvero un’area già “contaminata” che è comunque contornata dal verde e offre molte più occasioni di parcheggio, basti pensare a tutta l’area artigianale e industriale che c’è intorno.

Ma se il principio ispiratore di chi ci amministra è quello di avere una città vetrina è chiaro che casca l’asino.

Molto più allettante il parco urbano con quella bella vista sulle mura e con i laghetti di contorno, incuneato praticamente in centro città e senza possibilità di parcheggio, salvo scempiare ancor di più l’area agricola circostante.

La città vetrina l’abbiamo vista all’opera durante tutta l’estate o durante le feste natalizie, quando le piazze diventano immensi lunapark, indubbiamente attrattivi ma privi del necessario rispetto dovuto alla convivenza civile con gli abitanti e ai micro-ecosistemi.

La filosofia che anima il principio della città vetrina è un mood che non risparmia nessuna amministrazione: lo dimostrano le autorizzazioni date in tutta la penisola ai concerti sulle spiagge, nei parchi, nei centri delle piccole città o le notti rosa – viola – blù che ridicolizzano i monumenti storici che l’Italia ha la fortuna di vantare e i trenini per i colesterolici turisti che impazzano per ogni dove.

Abbiamo perso la capacità di connotare un territorio per le sue particolarità, abbiamo sdoganato un turismo di massa che consuma eventi, in ogni dove, per il gusto di filmarsi e distribuirsi sui social.

Ci sono luoghi deputati alla funzione che devono svolgere, come i parchi, che sono aree verdi destinate a risarcire i cittadini del verde naturale di cui li priva la vita urbana. I parchi hanno la funzione di assorbire l’inquinamento attraverso il processo di fotosintesi degli alberi, ridurre l’inquinamento acustico creando zone di ristoro dalla viabilità urbana, di favorire la riduzione delle temperature, grazie alla capacità dello spazio verde di combattere l’effetto isola di calore, causato dalla presenza di grandi superfici ricoperte da materiali impermeabili. Le aree verdi hanno anche l’impareggiabile capacità di assorbire le alluvioni che dovremmo aspettarci sempre più frequentemente.

Con l’evento di una sera rischiamo di minare l’equilibrio dell’ecosistema che viene faticosamente ricostruito all’interno dei parchi urbani. Sappiamo tutti che una rondine non fa primavera come un albero non fa un parco, perché il parco diventa tale quando riesce a creare un equilibrio fra le componenti vegetali e animali che lo animano, altrimenti è un giardino di serra.

Ma la città vetrina non se ne cura, ha bisogno di vendere immagini, di attrarre l’effimero, di mostrare facciate allettanti anche se presto non saranno più tali. Nasconde i propri mali e si vende sul mercato globale.

Le città vanno perdendo l’anima della loro cultura, della loro formazione in un tessuto storico come quello italiano che le ha rese proprio quello che sono: uno scrigno prezioso, ora in vendita al miglior offerente! Non sarà un caso se in America riproducono in scala le nostre più famose città, mentre intanto ci muoiono sotto i piedi o in mezzo all’acqua come Venezia.

Pensare di far conoscere e apprezzare una città attraverso gli eventi, che siano le partite di serie A, i megaconcerti nei parchi o le piazze trasformate in lunapark è una visione miope che al punto in cui siamo non ci possiamo più permettere, la natura non ce lo permette più. Ogni evento dovrebbe calcolare nella programmazione l’impatto ambientale che comporta ed essere valutato in base ai costi/benefici, benefici che devono considerare non solo la felicità immediata degli umani ma anche la loro sopravvivenza nel futuro.

Sono basita di quanta incuranza gli esseri umani, i miei concittadini compresi, mettano in campo nell’affrontare una realtà che è sempre più drammatica. Il Po che si percorre ormai a piedi da un lato all’altro, i temporali che ci sommergono di acqua che va non solo va perduta ma ci tira in testa di tutto, i roghi che ci deprivano in pochi istanti di immensi ettari di verde, la siccità che fa avvizzire i frutti sugli alberi e noi che facciamo? Balliamo e cantiamo consumando energia, sfregiamo le aree verdi e continuiamo bellamente a cementificare nuovo suolo chiamandolo Rigenerazione e Innovazione!

Se avevamo cicalato nei mesi di giugno e luglio ora agosto ci riporta alla realtà, con le strade ridotte a fiumi, i campi devastati e i capannoni scoperchiati, ma in programma che c’è? Un nuovo palazzetto dello sport, un nuovo supermercato su un terreno che ora è agricolo e un bel parcheggio sul fronte mura. Balocchi per nuovi affari!

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