Scienza e tecnologia
29 Giugno 2022
Ovvero di come un chatbot ha preso autocoscienza di sé

Se l’intelligenza artificiale diventasse umana?

di Redazione | 3 min

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Un brillante ingegnere informatico che lavora per una gigantesca multinazionale americana si trova ad avere una conversazione con un software che riproduce artificialmente conversazioni.

Ben presto, si rende conto che il livello di comprensione della macchina è superiore a quello che si immaginava: il computer mostra dei sentimenti, quasi un carattere proprio. Parla di emozioni, di quelle che sa gestire meglio e di quelle che invece ancora non comprende.

A questo punto, arrivato come crede a un momento di svolta storico per l’umanità, l’ingegnere decide di raccontare al mondo quanto è successo, ma la multinazionale tech lo sospende, sostenendo che quelle dell’uomo siano soltanto suggestioni infondate.

Sembra una storia di fantascienza, ma non lo è. Quella appena descritta è la vicenda di Blake Lemoine, ingegnere informatico che di recente ha dichiarato al mondo che un sistema di intelligenza artificiale a cui stava lavorando “ha preso vita” diventando consapevole di sé.  Da anni Lemoine lavora per Google (sì, è questa la company tech che se questa fosse una finzione, starebbe provando a intralciare l’eroe) all’interno dell’area di ricerca e sviluppo dedicata alla produzione di chat capaci di sviluppare interazioni automatiche con gli utenti. I famosi “chatbot”, per intenderci.

Tra questi, il progetto più sofisticato si chiama Language Model for Dialogue Applications (LaMDA) ed è proprio quello che secondo l’ingegnere ha iniziato a sviluppare una certa autocoscienza, al punto tale da interagire come un bambino di 7-8 anni. Dunque non pienamente consapevole, ma comunque capace di intendere e volere. 

Le reazioni di tutto il settore non si sono fatte attendere.  Da un lato, Google ha sospeso Lemoine, accusandolo di aver diffuso informazioni riservate e riaffermando fortemente che quanto detto dall’ingegnere sia soltanto frutto di una suggestione.

A questo si è aggiunta una robusta presa di posizione di diversi esperti del settore che sottolineano come sia ancora presto per poter immaginare un salto in avanti così radicale delle delle Intelligenze Artificiali.

Pur riconoscendo una notevole complessità e una straordinaria efficacia a LaMDA è altamente improbabile che abbia sviluppato una propria coscienza, anche perché per la costruzione di questi chatbot si usano solitamente reti neurali, che funzionano per imitazione.

Analizzando stringhe su stringhe di testo, questi sistemi possono “imparare” ricorrenze e strutture grammaticali fino a riprodurle in modo molto convincente, basandosi su statistica e calcolo delle probabilità.

Dall’altra, invece, c’è la voce sola di Lemoine che sta rilasciando interviste dove peraltro accusa di comportamenti opachi di Google nella gestione di questa tipologia di progetti.

Come sempre è difficile stabilire dove sia la verità.

Ciò che è certo è che la vicenda ha rilanciato un tema che sembrava interessare solo la letteratura.

Lo sviluppo di questi software aprire questioni etiche e morali di non poco conto, chiamando tutti noi a interrogarci su quali sono (o devono essere) i limiti alla tecnologia e come gestire questo tipo strumenti, che in futuro potrebbero anche “sfuggirci di mano”.

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