Giovedì 23 giugno ricomincerà in Darsena un’altra solfa. Il direttore artistico della kermesse ha annunciato un “Festival di tutti, nel rispetto dell’ambiente”. Andiamo bene: quel rispetto lì è la nota foglia di fico di diaboliche speculazioni (vedi la turbogas nel petrolchimico), ma per chi abita in zona il preoccupante “tutti” significa dover indossare per ore uno scafandro, data l’esperienza maturata in Darsena, dove con ottusa ferocia sono state inflitte ossessionanti serate rumorose ad altissimo volume a “tutti” gli abitanti delle vie Darsena, Bonnet e Mulinetto.
Per proteggersi un po’ dai danni psicofisici provocati dai rimbombi si devono tener chiuse le finestre, il che corrisponde, appunto, a scafandrarsi nell’afa di Caronte. Ecco perché i preannunci di spettacoli sono temibili come le decisioni umanitarie di Putin.
Per chiarire: Putin fa piovere implacabilmente sugli ucraini missili e cannonate perché capiscano che l’immanente Santa Madre Russia è immune dalle depravazioni occidentali; il Comune, invece, fa sparare strenuamente bordate d’inquinamento acustico d’alta potenza capaci di abbattere i pipistrelli, affinché gli ‘svegli’ abitanti del circondario capiscano bene come si diffonde democraticamente la “cultura” locale.
Cultura bellica, insomma, con impiego di sistemi d’arma: Putin schiera artiglierie pesanti e carri armati, il Comune, casse acustiche di potenza sul fiume, che è un diffusore-ripetitore naturale.
Se giovedì mattina si vedranno all’esterno del Wunderkammer quelle funebri sorgenti di martellamento a distanza, agli abitanti nei paraggi converrà fuggire da casa. Andando, per esempio, a tirar notte al Casinò di Venezia. Là si potrà perdere un bel po’ di soldi, ma in piena libertà. Qui invece nei domicili violati da assordanti frastuoni si perderebbero sicuramente, con il sonno, la dignità e preziosissime, inestimabili ore di libertà.
P.G.