Attualità
6 Giugno 2022
Il giornalista e regista autore di ‘Let’s kiss’: “Il silenzio a volte copre una povertà culturale drammatica”

Vendemmiati: “Ferrara non è più la città dove sono nato e cresciuto”

di Marco Zavagli | 4 min

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Nella sede della Regione Emilia-Romagna è stato proiettato di recente il suo ultimo film “Let’s kiss, Storia di una rivoluzione gentile” in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia. Una pellicola che ha già vinto l’Italian film festival di Berlino e il Nastro d’argento.

Dietro la cinepresa Filippo Vendemmiati racconta la storia di Franco Grillini, politico da sempre impegnato nella lotta per il riconoscimento dei diritti civili Lgbtqia+.

Già con “E’ Stato morto un ragazzo”, il docufilm su Federico Aldrovandi, Vendemmiati aveva ricevuto il David di Donatello al Festival del cinema di Venezia. Ma i due riconoscimenti, quello passato e quello recente, sono stati a loro modo diversi per il giornalista ferrarese che lavora in Rai da 35 anni.

“Il docufilm sul caso Aldrovandi ebbe riscontri enormi a Ferrara e mai smetterò di ringraziare l’allora sindaco Tiziano Tagliani e la presidente della Provincia Marcella Zappaterra. Entrambi vollero essere presenti la prima volta che fu presentato al Festival di Venezia nonostante quando uscì la pellicola c’era stata solo la sentenza di primo grado. Molti allora sostenevano che in appello quel giudizio sarebbe stato ribaltato, con le eventuali prevedibili conseguenze. Credo che in quel momento partecipare a un evento su un tema così delicato non fosse facile. Fu una scelta di campo molto netta e importante”.

Non furono gli unici politici a schierarsi dalla parte della famiglia.

“Cominciò Sateriale e la società civile prima di lui. Io ho sentito molto forte il loro appoggio e il loro sostegno morale. Dietro quel film c’è stata una città”.

Dopo il sostegno arrivò anche il riconoscimento.

“Sì, venni premiato dal Presidente Napolitano per il David di Donatello. Una cosa assolutamente inaspettata. Fui sommerso di lettere, mail, telegrammi ed ebbi tantissimi riscontri sulla stampa locale. Era diventato un passaporto importante. Venne ribadito quel legame molto stretto tra il film, Ferrara e la battaglia dei genitori di Federico. In tutto questo io sono stato solo una pedina. Il film ha avuto centinaia di proiezioni in tutta Italia”.

E il produttore è un nome noto in città…

“Il docufilm fu prodotto da Marcello Corvino, attuale direttore artistico del Teatro Comunale di Ferrara. Non era facile trovare uno che dicesse subito di sì. Decidemmo di metterlo in rete gratuitamente e da allora si conta qualche milione di visualizzazioni. Alla fine la vicenda giudiziaria ci ha dato ragione e il film è stato trasmesso anche da Rai Tre, anche se in terza o quarta serata. Anche lì ci fu un milione di spettatori”.

Ora stai girando l’Italia con il film sulla vita di Franco Grillini, che dal 25 giugno sarà visibile anche su Sky Documentari, prodotto da Genoma Films. Hai avuto gli stessi riscontri?

“Me la cavo con una battuta. Fino a poco tempo fa, quando mi definivano ‘regista bolognese’ mi incazzavo e smentivo. Ora non lo faccio più. Non ho sentito nessuno da Ferrara, neppure dopo la proiezione con la Sala Estense esaurita. Non ho visto nemmeno una figura istituzionale in sala. Anche per questo ho smesso di smentire quel ‘bolognese’. Voglio esser chiaro: io mi sento ancora molto ferrarese, ma è la città che è cambiata. Non è più quella dove sono nato e cresciuto”.

Bologna sembra essere invece più accogliente, visto che il 21 luglio il film verrà proiettato in Piazza Maggiore.

“A Bologna, a differenza che nella mia città, ho incassato riscontri molto forti e significativi. Non so cosa temano gli amministratori locali di Ferrara. Un problema di opportunità, paura di perdere consensi? Anche il tema di Aldrovandi poteva rischiare di far perdere voti. Ma una amministrazione deve fare scelte a prescindere dal tornaconto personale, se è lungimirante. Indubbiamente il tema non aiuta, ma più semplicemente vi vedo dietro una forma di pigrizia e disattenzione culturale”.

In effetti non ricordo in sala alcuna presenza istituzionale.

“In fondo non sarebbe costato nulla mandare qualcuno. Il silenzio a volte copre una povertà culturale drammatica e questo dispiace, perché a Ferrara c’è ancora un tessuto culturale ancora attivo. C’è tutto un lavoro lungo e difficile da fare. Non conosco il sindaco. Conosco invece l’assessore alla cultura, Presentai un suo libro alla Zanichelli di Bologna.

Per uno strano parallelismo in questi giorni c’era il decennale della morte di Stefano Tassinari. Sia a livello teatrale che a livello letterario Bologna è stata molto attiva nel ricordare la sua figura di intellettuale. A Ferrara non è stato fatto nulla. Il silenzio, ripeto, copre in modo assordante le persone come Tassinari che hanno dato molto a questa città ma non hanno avuto indietro altrettanto”.

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