Dopo anni di annunci e smentite, a Porto Marghera è stato fermato l’impianto di etilene e propilene, materie prime per gli stabilimenti di Ferrara e Mantova. E subito i sindacati hanno reagito proclamando lo sciopero, la classica iniziativa che da mezzo secolo è utile alle fabbriche decotte come la cura ai malati di tisi con impiastri caldi e sanguisughe, ma che da quando è passata la moda di liberare le terre irredente (in Russia non ancora..) resta l’unica mobilitazione capace di attivare la mitopoietica trasformazione dei protagonisti in eroi.
È il motivo per cui ogni sciopero stimolato con enfasi raccoglie adesioni. Ci vuole poco per l’enfasi, anzi, meno di niente: basta non spiegare che una fabbrica chimica va chiusa quando la sua produzione non risponde ad urgenti nuove esigenze, quali il riciclo molecolare delle materie plastiche prodotte per evitare che a fine impiego si trasformino in duraturi contaminanti della biosfera.
Invece, limitando il messaggio ad un laconico “No alla chiusura del cracking di Marghera!” che se fosse un titolo di giornale richiederebbe un articolo sottostante zeppo di spiegazioni, si resta nell’ambito della resistenza contro le prevaricazioni, intramontabile evergreen. È la chiusura stessa della fabbrica che dimostra tutta la prepotenza attuata! Eventuali chiacchiere aggiuntive sarebbero pignolerie utili solo alla distrazione di massa, scuse antidemocratiche da respingere con sdegno.
In piena evidenza, sta nell’estrema sintesi delle informazioni la forza della democrazia! Ecco perché la profondità concettuale di opinioni ben compendiate in messaggi quali NO TAV, NO VAX, VAFFA DAY – e anche i poco annunciati ma molto praticati NO TAX – influiscono sulla vitalità democratica italiana come mai avvenuto in passato.
Eh, sì: dobbiamo essere grati ai sindacati, scuola primigenia di democrazia.
Paolo Giardini