Economia e Lavoro
5 Maggio 2022
Oggi e domani assemblee dei lavoratori: probabile la mobilitazione per lunedì 9 maggio, data di avvio dello spegnimento del cracking di Porto Marghera. Ma la Cisl si sgancia da Cgil e Uil

Petrolchimico verso lo sciopero, ma si rompe l’unità sindacale

di Daniele Oppo | 4 min

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Tre assemblee, una oggi (giovedì 5 maggio) e due domani con tutti i lavoratori impiegati nel Polo chimico di Ferrara per scegliere tutti insieme quali azioni adottare nella mobilitazione contro la repentina chiusura del cracking di Porto Marghera.

Assemblee non solo dei ‘chimici’ ma di tutti i lavoratori coinvolti nelle produzioni direttamente interessate dalla fornitura che arriva dall’impianto veneto e sulla quale oggi le incognite sono tantissime: dunque metalmeccanici, logistica, edilizia, ristorazione e pulizie. Perché il problema sarà di tutti.

A convocarle sono state le Rsu, non direttamente le sigle sindacali confederali, all’interno delle quali sembra esserci una frattura già piuttosto netta, con Cgil e Uil da una parte, intenzionate a mettere in piedi una mobilitazione forte e significativa, e la Cisl più attendista dall’altra aspetta di conoscere l’esito degli ultimi incontri in programma e soprattutto il coordinamento unitario chimico Eni-Versalis Nazionale dalle segreterie nazionali di categoria, convocato per il 13 maggio, “per valutare, discutere e decidere i percorsi da intraprendere. Come Cisl e come Femca Ferrara – si legge in un comunicato – riteniamo opportuno attendere quindi questi importanti incontri per poter delineare un quadro effettivo e solo in seguito verificare quali iniziative mettere in campo, se necessarie e condivise, per poter tutelare nel modo più efficace possibile i lavoratori e le attività di tutta la filiera, e soprattutto evitare ripercussioni sui percorsi di confronto appena avviati”.

E così l’assenza di quest’ultima sigla nell’incontro del 1° maggio in Prefettura, giustificata con impegni già presi in precedenza, diventa la spia di uno sganciamento rispetto a Cgil e Uil.

L’azione di queste ultime probabilmente sarà destinata verso una prima iniziativa di sciopero, da attuarsi in una data più che mai simbolica: lunedì prossimo, 9 maggio, quando Versalis inizierà lo spegnimento dell’impianto di cracking di Marghera.

I problemi sul tavolo sono tanti e non di poco conto. Il primo, e più urgente, è la garanzia delle forniture verso gli impianti ferraresi di produzione di polietilene e gomme (impianti F X e GP 26/27 di Versalis) e di polipropilene (impianti F24 e MPX di Basell). Le garanzie promesse da Eni non convincono le rappresentanze sindacali, soprattutto perché non si sono visti gli investimenti e gli aggiornamenti tecnologici e infrastrutturali necessari e annunciati: “La stessa azienda ha dichiarato che gli investimenti per quelle operazioni non sono stati ancora realizzati – osservano le Rsu nel convocare le assemblee -. Le forniture dunque saranno ‘garantite’ con le stesse modalità già sperimentate nel 2014, in occasione di una prima cessazione di attività del cracking (poi riavviato) e che avevano creato problemi di continuità produttiva e di qualità dei monomeri inviati via pipeline, da navi in arrivo nel porto veneziano”.

Questo si lega alla tenuta del lavoro, e anche qui le parole di Eni sull’attenzione agli equilibri occupazionali, sono lette “come la presa d’atto che tanti lavoratori verranno accompagnati fuori dal perimetro aziendale o reimpiegati in altre attività, determinando in ogni caso una cancellazione di professionalità e opportunità lavorative. Viceversa le dichiarazioni ‘bonarie’ delle imprese clienti di Eni come Basell, sembrano essere pervase dallo stesso spirito, ispirato dalla conformazione aziendale multinazionale che eventualmente permetterà di trasferire altrove le produzioni che non si rivelassero più vantaggiose a Ferrara: in entrambi i casi una distruzione di lavoro che si scaricherà sul territorio in particolare sull’indotto”.

Ecco perché le Rsu sentono il bisogno “mettere in campo il ruolo e la prospettiva del lavoro, delle lavoratrici e dei lavoratori” e la necessità, tramite le assemblee, di varare “un piano di azione e iniziative di sostegno per garantire un futuro alle attività e al lavoro” e “promuovere una iniziativa che contrasti l’abbandono del destino di centinaia di lavoratori diretti e dell’indotto alle decisioni dell’Eni”.

Una questione che oggi sembra locale – anche se spesso osservata con freddezza dalla città e dai suoi rappresentanti – e che appare molto sottovalutata anche a livello nazionale, dove invece potrebbe avere effetti pensanti, perché la filiera a valle del cracking di Marghera è lunga e importante, non solo per Ferrara: “Con la chiusura dell’impianto veneto, si determinerà nel nostro Paese un ammanco di 231 kton di etilene e di 262 kton di propilene che servono agli impianti presenti in Italia e che le produzioni Eni, da lunedì prossimo, non saranno più in grado di realizzare – rilevano le Rsu del Polo chimico estense -. In questo anno si sono prodotte iniziative con l’intenzione di affrontare anche nella chimica, anche qui a Ferrara le cosiddette Transizioni (energetica e ecologica) coniugandole con una giusta tenuta sociale delle attività. Il Ministero dello sviluppo economico ha effettuato vari incontri con le Regioni interessate, le rappresentanze sindacali e l’Eni”, ma “non si sono prodotte soluzioni in grado di legare la decisione dell’Eni, alla definizione di un piano industriale valido per tutta la filiera della petrolchimica padana – lamentano le Rsu – e che si concretizzasse in investimenti per il miglioramento e la transizione alla produzione di polimeri e gomme in modo competitivo ecosostenibile e all’altezza della qualità richiesta dai mercati di riferimento”.

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