Lo chef Giovanni Maria Ragazzi

I Piaceri di Lucrezia è stato inserito nel nuovo volume enogastronomico “Non sono quelli delle Stelle” di Arrigo Cipriani, il più famoso ristoratore italiano nel mondo, propietario dell’Harri’s Bar di Venezia.

Nel libro sono state selezionate oltre 200 trattorie e ristoranti del Triveneto che rispettino le 12 regole di Cipriani, scelti da un gruppo di giornalisti enogastronomici.

“Alcuni collaboratori del grande Arrigo Cipriani – dice Tatyana Tokar, titolare e pasticciera de “I Piaceri di Lucrezia”- erano venuti a cenare da noi diversi mesi fa e, nei giorni scorsi, Tiziano Argazzi, è tornato qui a Ferrara per recensire la nostra brasserie per conto della nuova edizione della guida enogastronomica. Una notizia che ci fa molto piacere, ancor più per il fatto che siamo stati scelti forse proprio perché rispettiamo quella concezione di Arrigo Cipriani il quale afferma che il vero ristorante italiano è la trattoria che ha la capacità di mantenere la tradizione pur in un costante rinnovamento”.

Lo chef, Giovanni Maria Ragazzi, che ha studiato alla scuola alberghiera di Ferrara, e che ha lavorato per numerose autorità civili e militari del nostro paese, oltre ad essere docente di enogastronomia dell’Iis Remo Brindisi di Lido degli Estensi, racconta: “I Piaceri di Lucrezia era un sogno che avevo sin da ragazzo poi nel 2012 grazie all’aiuto di mia moglie Tatyana, sono riuscito a concretizzare e mentre io sono impegnato dietro ai fornelli, gli ospiti sono affidati a Tatyana che con estrema professionalità li accompagna durante tutta la serata”.

Il locale ha una trentina di coperti, le travi a vista sul soffitto sono quelle di un tempo, mentre dal giardino interno è stato ricavato un accogliente dehors.

Le trattorie sono da sempre luoghi fecondi di suggestioni, e “I Piaceri di Lucrezia” le incarna pienamente, con il tocco di uno chef innovativo ma anche legato alla tradizione, e allora i piatti dello chef esaltano il palato ma sono capaci anche di rinfrescare la memoria bambina e non ammazzano il portafoglio, con un menù alla carta che abbraccia la territorialità dei prodotti.

“In questo periodo di incertezze – spiega Tokar – abbiamo fatto alcuni investimenti, ma non abbiamo ritoccato i prezzi. Abbiamo una clientela che viene anche da fuori regione e durante il lockdown abbiamo sperimentato l’asporto suscitando un discreto interesse riproponendo piatti della tradizione ormai andati smarriti”.