
Giovanni Impastato
di Serena Vezzani
Cento. Nella Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ha portato la sua testimonianza a Cento: prima durante il Consiglio comunale straordinario, alle 18, e poi in sala Zarri, in un incontro con cittadinanza e rappresentanti delle istituzioni.
E lo ha fatto mostrando Peppino sotto una luce nuova, intima, più profonda, la stessa che ha guidato la stesura del suo libro, “Mio fratello: tutta una vita con Peppino”, e che ha riportato alla memoria un’altra dimensione ancora del giornalista e attivista contro la mafia siciliana: quella della famiglia.
Dialogando con Elena Ciravolo, presidente della cooperativa Libera-mente – Cinisi (Pa), Impastato ha ripercorso l’infanzia con i genitori come punto di riferimento e i due zii Matteo e Cesare Manzella, agli antipodi, specchio di due realtà opposte: “Da una parte lo zio Matteo, elegante, affascinante, ci leggeva Sciascia e Carlo Levi. Non gli piaceva la mafia e non gli piaceva Cesare”. Dall’altra Cesare, il capomafia: “Per molti anni, prima di capire che fosse nella criminalità organizzata, ho sospettato fosse un mago. A casa sua c’era una botola che conduceva nella casa del vicino, e in cui si rifugiava quando i carabinieri venivano a perquisire la tenuta.”.
In quanto a Felicia Bartolotta, mamma di Giovanni e Peppino, “era un essere umano straordinario. Dopo la morte di Peppino, nella Sicilia degli anni Settanta ebbe il coraggio di iniziare a denunciare i mafiosi, uno per uno, pur vedendosi le porte delle istituzioni sbattere in faccia. Non le interessava la vendetta, diceva, ma la giustizia. Era moglie di un mafioso, madre di un militante di sinistra, credeva nei valori della famiglia. Non lasciò mai mio padre, ma alla fine si schierò dalla parte della legalità”. Giovanni ricorda il giorno in cui, in aula, Felicia puntò il dito contro Badalamenti: “Avrebbe avuto tutto il diritto di urlare istericamente, ma non lo fece. Gli disse solo: ‘Sei stato tu a uccidere mio figlio’. Insegnandoci come l’odio e il rancore non portino da nessuna parte”.
Infine, hanno unito la propria voce a quella di Impastato anche rappresentanti di associazioni e istituzioni: Mario Pedaci, assessore alla sicurezza nel comune di Cento, il sindaco Accorsi, Gianmaria Manghi, capo della segreteria politica della presidenza regionale, che ha sottolineato l’impegno della Regione nel contrasto contro le associazioni malavitose. “Con il Testo unico per la legalità, sottoscritto nel 2016, siamo diventati la prima regione in Italia a disporre di un tale strumento, che ha previsto un milione di euro finalizzati al recupero di beni confiscati, e un programma d’azioni di formazione nell’ambito della legalità. Nel 2021 sono stati stretti ben 39 accordi con i comuni per il raggiungimento di questo obiettivo”. Infine, ha ricordato Mara Biondi, referente del presidio Libera del Centopievese: “Le vittime delle mafie sono vive, noi le vogliamo vive. Come Peppino stasera”.
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